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Giovani imprenditori in prima linea e start-up alla frontiera

Riuniti a Santa Margherita, i giovani imprenditori di Confindustria si dichiarano in prima linea. L’apertura dei lavori con l’Inno di Mameli e l’Inno alla Gioia significa chiaramente che l’associazione chiede più Italia e più Europa. Con spirito di partecipazione. E, come dice il titolo, con grinta.

Alla frontiera della prima linea, poi, ci sono le start-up innovative che, ovviamente, non sono qui. Ma il presidente Jacopo Morelli ha voluto che se ne parlasse, chiamando tra gli speaker Arturo Artom, che se ne occupa da tanto tempo, e due persone che lavorano alla task force chiamata dal Ministero dello Sviluppo Economico a raccogliere le idee per accelerare la nascita di nuove imprese e a stendere un rapporto che possa aiutare il Legislatore a prendere provvedimenti per facilitare i nuovi imprenditori innovativi.

[hang1column]Accelerare le start-up in Italia[/hang1column]

Si parlerà dunque anche di quello che sta facendo la task force. Si parlerà di come l’Italia e l’Europa possono diventare più ospitali per le nuove imprese per arricchire di energia e di opportunità di sviluppo un ecosistema dell’innovazione che resta troppo asfittico. E si parlerà di come le imprese esistenti si possono rendere attive nel sostegno all’accelerazione e alla concretizzazione di questo processo. Gli imprenditori sono una di quelle categorie – particolarmente rare in Italia – che non si formano per cooptazione: sono le persone che liberamente decidono di diventarlo. Per questo sono uno dei motori fondamentali di quell’ascensore sociale del quale c’è tanta necessità per rinnovare una comunità vagamente paralizzata come quella italiana. Le start-up innovative sono in quel contesto l’elemento di maggiore sfida e dinamismo, la dimostrazione delle opportunità inesplorate e la verifica della idee pensate per coglierle, l’alimento di una cultura che concepisce il futuro come conseguenza del presente. Le nuove imprese, suggerisce John Haltiwanger, sono i massimi generatori di nuova occupazione, di crescita e di innovazione tecnologica. Servono tanto a se stesse quanto all’ecosistema.

Mentre il governo, le banche, le università, i media e altri i soggetti generatori di senso, cultura e organizzazione sociale pensano, si spera, a come dare il loro contributo all’accelerazione della nascita di nuove imprese, anche gli imprenditori e in particolare i giovani imprenditori pensano a come possono accelerare il processo. Che cosa possono fare? Certo, possono lanciare direttamente nuove imprese, possono investire nella ricerca e nell’innovazione tecnologica, possono investire nelle start-up e negli acceleratori, possono chiedere allo stato che, nella legalità e nella lealtà, vengano facilitate le nuove imprese con misure di alleggerimento fiscale e burocratico: ma soprattutto possono essere di ispirazione per i giovani che cercano una loro strada. Mostrando che non è un privilegio, fare l’imprenditore, ma una conquista.

Jacopo Morelli: «Sbaglia chi pensa che noi dobbiamo pensare solo a curare gli interessi della nostra categoria». I giovani imprenditori possono assumersi il compito di chiedere più banda larga e meno burocrazia, più legalità e rigore, più misure di crescita. «Anche l’evasione fiscale fa parte della zavorra che frena il nostro paese» dice Morelli «ma proprio perché paghiamo le tasse possiamo dire che sono troppo elevate. E che nell’utilizzo inefficiente delle risorse pubbliche si sviluppa l’illegalità». Ma soprattutto gli imprenditori hanno la forza della loro biografia che li candida a essere potenziali leader culturali, specialmente per i giovani, in un’epoca che chiede persone che sappiano essere autori della loro vita. Questa, purtroppo, è solo una delle possibili interpretazioni del compito dell’imprenditore. Qui a Santa Margherita assicurano che però è quella che vogliono sviluppare.

E dunque? Prometeia calcola che fare impresa in Italia rende il 3% in meno che nei paesi concorrenti, che la propensione al risparmio scende (con una riduzione del fondamentale ammortizzatore sociale tradizionale che era il trasferimento intergenerazionale di risorse), che la strada macroeconomica fondamentale è l’esportazione. Chiaro che l’Italia deve diventare più ospitale per le start-up, i giovani devono mettersi in testa che devono guadagnarsi da vivere, che l’internazionalizzazione e l’apertura mentale cosmopolita sono il nostro nuovo spazio. È un viaggio culturale importante. Ma è tempo di partire per una nuova Italia.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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