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L’iTeam cresce alla Apple

L’ultima opera di Steve Jobs, il suo iTeam, la squadra che avrebbe preso il suo posto, sta crescendo. Tim Cook sta provando a dargli una sua voce. Dice che non passa giorno senza la nostalgia del suo antico leader, ma dice che lui avrebbe voluto che quella nostalgia si trasformasse in un’energia profonda per continuare con grande concentrazione il compito nella Apple nell’innovazione del pianeta. E promette che la sua azienda tirerà fuori altri prodotti che faranno andare “fuori di testa”. E ha dimostrato grande interesse per approfondire le collaborazioni con Facebook e Twitter. Ne ha parlato al board. (Forbes, AllThingsD).

È un passaggio difficile, questo, per l’iTeam. Come potrebbe essere diversamente? E in effetti le decisioni non sembrano uscire a tamburo battente. Si direbbe che attualmente si lavori a coltivare uno stile, a pensare una direzione, a tener botta contro le controversie. Passaggio da seguire: la Apple ha segnato la strada culturale per molto tempo, ma è interessante vedere se il valore di quella cultura supera il suo “rifondatore”.

In ogni caso, ancora non si sa come la Apple userà i 100 miliardi di dollari di liquidità che ha in banca. Ha deciso di spenderne 50 milioni per acquisire Chomp, un software per la ricerca delle apps. Ci sono 500mila apps ormai. Sono state scaricate 25 miliardi di volte. La ricerca dei siti web è per ora risolta da Google, ma la ricerca delle apps è ancora acerba. L’acquisizione potrebbe essere una premessa per un cambio di passo in questo settore. Anche perché Chomp cerca non solo tra le apps del mondo Apple ma anche tra quelle che stanno su Android. (TechCrunch, Bloomberg).

Intanto, come sempre, seguire i brevetti Apple è interessante. Gli ultimi riguardano il design e il nuovo funzionamento delle tastiere. Apparentemente potrebbero diventare più sottili. Con conseguenze sulla finezza e il design dei Mac portatili. (AppleInsider)

La disputa sul nome iPad va avanti. Ma si pensa che finirà in un patteggiamento. (Wsj, TheNextWeb).

La questione del lavoro nelle fabbriche cinesi della Apple sembrerebbe in via di trasformazione: dalla denuncia vagamente emotiva, per non dire superficiale, dei mesi scorsi, molti cominciano a rendersi conto che la Apple ha in effetti una politica di miglioramento delle condizioni di lavoro e la implementa da diversi anni. Di certo, lavorare in Cina non è come lavorare in Svezia. E purtroppo questo fa male prima di tutto ai cinesi, oltre che far male a tutti i sistemi industriali che sostengono costi superiori a quelli cinesi per il rispetto che riconoscono ai lavoratori. Ma è abbastanza assurdo che proprio la Apple – che comunque dimostra di avere una strategia destinata a quanto pare ad aiutare le fabbriche a perseguire una tendenza al miglioramento – sia la sola azienda nel mirino. Alcune inchieste recenti sembrano attestare che c’è un cambio di orientamento su questo argomento, se possibile alla ricerca di una migliore comprensione della situazione. Alla quale peraltro è giusto prestare molta attenzione. (Reuters, Bloomberg, Abc, UsaToday).

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  • Credo che quello che abbiamo sentito dirte un sacco di volte riguardo all’eredità lasciata da Steve Jobs, ovvero almeno 5 anni di progetti e innovazioni che stravolgeranno il modo di comunicare sia abbastanza vera. E mi piace molto la filosofia Apple (non da molto sono passato al lato oscuro della Mela :-), ma mi sono infinitamente innamorato sul modo di “pensare” e interpretare alla “Apple”)e quello di investire sull’Iteam è la soluzione vincente che fa di questa azienda il faro ispiratore per tutto il mondo del Software e dell’Hardware.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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