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E allora, l’agenda digitale

L’agenda digitale è un contenitore di misure e azioni che viene mantenuto ancora troppo al margine del dibattito italiano. Può darsi che a qualcuno appaia come una faccenda troppo tecnica. Ma il fatto è che riguarda uno degli aspetti del sistema che possono essere meglio connessi con la crescita. Sappiamo bene quanto tutti gli istituti di ricerca che se ne sono occupati colleghino l’aumento dell’accesso a internet in banda larga con l’accelerazione della nascita di start-up, con l’alfabetizzazione della popolazione, con la modernizzazione della pubblica amministrazione. E dunque con la crescita.

E allora che cosa aspettiamo?

Il punto è che non è facile prendere decisioni in un insieme così complesso di fenomeni e agire di conseguenza. Per gestire questa questione probabilmente sarà necessario semplificare. E soprattutto non centralizzare i processi, ma favorire l’azione intraprendente di tutti i possibili protagonisti.

Questo significa che occorre generosità intellettuale e pratica, da parte dei politici e dei privati. Occorre contribuire e facilitare, non solo le proprie azioni, ma anche quelle degli altri. Riuscendo nel contempo a mantenere una prospettiva unitaria del processo. Quest’ultima è una questione di leadership e di informazione.

Quello che forse si può fare è un elenco di misure semplici e chiare, fatte in modo che da quelle decisioni non si possa tornare indietro quando cambiasse l’aria politica. Perché gli imprenditori, i giovani e tutti i soggetti interessati possano scommetterci davvero. In relazione a banda larga, apertura dei dati, facilitazione alle start-up.

Ma forse occorre che il punto di partenza non sia tecnico e, invece, teso a raccontare le opportunità che si aprono. In modo trasparente e orientato all’obiettivo.

E l’obiettivo non è a sua volta tecnico: non è semplicemente la crescita (che è un effetto derivato, benché desiderabile in chiave finanziaria, pratica e di consenso) ma l’aumento delle possibilità dei giovani, la qualità della vita nelle città, la libertà di ciascuno di ricercare la propria felicità.

Come si diceva un tempo: ask not what the web can do for you, ask what you can do for the web. (Vale per i privati, per i politici, per le comunità… imho).

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Rispondi a Cristoforo Morandini Cancel reply

  • Il cuore del problema è appunto che si esca dalla logica settoriale (“il settore digitale”) accettando la sfida digitale a tutti i livelli.
    Bene un contenitore di riferimento (vedi UE o le best practice europee), ma la vera sfida è che ogni settore/ognuno si crei la propria agenda digitale! Qualità Digitale

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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