Il ministro Corrado Passera in un’intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere, spiega la situazione e accenna ai progetti del governo per la crescita. Riassumo per come riesco.
La situazione: superato il rischio del disastro, il governo sta lavorando in squadra per la crescita. Senza crescita non si ripagano i debiti. Il mercato non vede ancora i motivi per crederci. Ma spingendo i tassi d’interesse verso l’alto, rende ancora più difficile la crescita stessa. Molto dipende dall’insieme dell’Europa. Che si deve dare una Banca centrale in grado di garantire liquidità e stabilità. Ma molto dipende anche da quello che possiamo fare da noi.
Quello che è stato fatto finora dal governo per la crescita: «A parte l’intervento sulle pensioni, che ha messo sotto controllo la più grande voce di spesa pubblica, nella manovra “salva Italia” ci sono 6 miliardi per le imprese che assumono e investono su se stesse. Ci sono 4 miliardi per le famiglie, che senza il decreto avrebbero avuto minori detrazioni. Ci sono 20 miliardi per il credito alle pmi, grazie al fondo di garanzia. E in queste settimane abbiamo sbloccato 15-20 miliardi per cantieri vari: metropolitane, ferrovie».
Si capisce che non è facilissimo articolare meglio. Perché un piano di sistema tocca ogni aspetto dell’economia. E il giudizio positivo delle persone che ascoltano queste cose dipende dalla difficile comprensione della “visione di sistema” e dal purtroppo facile orientamento a fare confronti tra le categorie. Il riflesso condizionato è nella prospect theory di Daniel Kahneman: valuto per differenza dagli altri più che per i vantaggi o gli svantaggi assoluti che ottengo. Il senso del vantaggio complessivo che si ottiene da un miglioramento delle condizioni di sistema non si riflette immediatamente sul senso del vantaggio particolare che deriva alle singole persone e categorie. Eppure è proprio a livello di sistema e di compatibilità che occorre lavorare. Per questo l’articolazione resta difficile.
Passera va avanti. Che cosa si farà: «Abbiamo un piano per la crescita. Per liberalizzare e favorire i consumatori. Per sostenere le imprese. Per investire nell’istruzione, nella ricerca, nella giustizia». E ancora: «Cose molto concrete. Per favorire l’innovazione, la revisione del sistema degli incentivi. Per stare accanto alle aziende che stanno salvando l’Italia grazie alle esportazioni, già c’è il nuovo Ice (Istituto per il commercio con l’estero), ma aiuteremo in molti altri modi le nostre imprese a stare sui mercati internazionali. Faremo sì che venga saldato lo scaduto dei pagamenti privati e pubblici: 60-80 miliardi di debito forzoso che gravano sulle imprese e stanno diventando un peso insopportabile».
Una cosa che si era discussa anche qui. Termini di pagamento: «In breve tempo adotteremo la direttiva europea per cui tutti i pagamenti devono avvenire entro 60 giorni. Stiamo lavorando su vari modi alternativi per smaltire l’accumulato, senza intaccare gli obiettivi di contenimento di deficit e debito pubblico: servirà probabilmente la collaborazione della Cassa depositi e prestiti e delle banche, ma un modo va trovato velocemente. Compresi i pagamenti in Bot».
E le famose liberalizzazioni? Le liberalizzazioni sono proprio una vicenda di sistema: il vantaggio è complessivo e si vede se effettivamente quelle misure fanno nascere nel tempo nuove iniziative competitive; ma nell’immediato appaiono come misure rischiose per le categorie interessate. Un vantaggio molto distribuito a medio termine contro uno svantaggio molto concentrato a breve termine provoca resistenze fortissime. E allora decreti: «Abbiamo già cominciato, rafforzando l’Antitrust e aprendo ulteriormente il settore del commercio. Andremo avanti. Ogni mese». Un decreto al mese? «Anche più di uno, non solo sulle liberalizzazioni ma su tutti i temi della crescita. Apertura dei mercati, lotta ai blocchi e alle rendite di posizione, aumento della concorrenza. A parole sono tutti d’accordo, tranne quando viene toccato il proprio settore. Per questo procederemo in ogni campo: gas, energia, commercio, trasporti, professioni. Ogni cosa fa parte del progetto per creare crescita sostenibile. Tutti dovranno fare la loro parte».
Su che cosa si punta? Innanzitutto sulle imprese che esportano. L’Italia tripla A: abbigliamento, arredamento, alimentare. Più l’automazione industriale. L’approccio di Passera è chiaro, mi pare. Si devono connettere di più le imprese ai mercati internazionali. Le imprese vincenti trascinano il sistema. Le liberalizzazioni aprono nuove opportunità. La mancanza di liquidità si combatte anche abbreviando i termini di pagamento. Niente ulteriori nuove tasse. E più equità, oltre che flessibilità nel lavoro. Ammodernamento delle telecomunicazioni, anche con il grimaldello dell’asta per le frequenze tv. Manca un accenno all’agenda digitale, ma forse il suo inizio è in queste parole. Anche se il tema a sua volta sarebbe molto più complesso e promettente.
Le misure del successo: creazione di nuovi posti di lavoro, recupero della fiducia nel futuro, imprese più sicure e moderne.
Vedi anche (per la serie “on the roadmap”):
Internet, tendenze come opportunità – 20 dicembre 2011
La falsa contraddizione tra rigore e crescita – 19 dicembre 2011
Agenda digitale in ritardo – 13 dicembre 2011
L’occupazione si fa con le start-up – 30 novembre 2011
Agenda digitale e roadmap – 23 novembre 2011
Vicoli e opportunità in Europa – 22 novembre 2011
Il migliore dei Monti possibile – 21 novembre 2011
Downsizing expectations – 19 novembre 2011
Sviluppo è modernizzazione – 16 novembre 2011
On the roadmap – 15 novembre 2011
Dalle macerie alla ricostruzione – 14 novembre 2011
Una roadmap per gli italiani – 10 novembre 2011
Cognitively illiberal state – 3 novembre 2011
Commenta