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Neelie Kroes fa un salto di qualità nell’analisi del copyright

L’evoluzione del discorso Neelie Kroes sul copyright si approfondisce e va assolutamente seguita attentamente. Da leggere il nuovo speech (grazie alla segnalazione di JC DeMartin).

Nel discorso, il commissario europeo all’Agenda Digitale porta all’attenzione dei potenti un’innovazione concettuale di enorme importanza e una conseguenza normativa molto seria.

L’innovazione concettuale è che la ricchezza della produzione culturale viene generata dagli autori. E la conseguenza è che la normativa va centrata a salvaguardia e incentivo dell’attività degli autori.

Il salto concettuale è fondamentale. Perché prima di questo intervento, nei piani alti del potere si faceva una gravissima confusione tra il ruolo degli autori e quello degli editori. Con la conseguente ossessione per il tema del copyright.

Il copyright è il punto di incontro tra gli interessi degli editori e quelli degli autori. Ma mentre per gli editori è fondamentale, e infatti lo difendono con ogni mezzo, è solo uno dei modelli di business che servono agli autori. Alcuni di loro ne traggono enormi guadagni, ma la maggior parte non ne tira fuori un reddito soddisfacente.

Kroes sa che gli autori sono i grandi generatori di senso e i creatori di nuova cultura. La capacità innovativa di un paese, la sua consapevolezza, l’apertura mentale della quale ha bisogno sono alimentate dal lavoro degli autori e degli artisti. Questi sono troppo spesso pagati pochissimo e sostenuti in modo del tutto insoddisfacente dall’attuale sistema governato dagli editori e dal loro modello di business basato sul copyright e concentrato ossessivamente sulla difesa del copyright.

Sarebbe assurdo annullare il sistema del copyright. Ma è altrettanto assurdo puntare tutto sul copyright, in un contesto nel quale è sempre meno facile difenderlo e sempre più facile creare modelli alternativi.

Il problema è che gli editori hanno gestito finora il migliore sistema possibile per trovare un reddito agli autori. Ma le difficoltà di quel sistema non si devono riversare sugli autori come se non esistessero altre strade.

È un discorso giusto anche per gli stessi editori, alla fine. Gli editori cercano giustamente di rigenerare il loro business, ma non dovrebbero farlo puntando a loro volta tutto sulla difesa a oltranza, ossessiva, del copyright. O addirittura sull’allargamento dello spazio culturale coperto dal copyright. Questo va contro i loro stessi interessi perché vede nel pubblico – che gli editori dovrebbero servire – il loro nemico: il pubblico, nella doppia accezione di pubblico dominio e audience – è referente e partecipante della produzione culturale. Senza il suo appoggio, la cultura resta confinata nelle opere di chi pensa di produrla: l’arte e le opere autoriali hanno senso solo quando sono adottate dal pubblico. È in quel momento che il senso che generano emerge davvero. Il pubblico della produzione culturale non può essere più considerato alla stregua di un insieme di consumatori: è parte integrante della produzione culturale e come tale va rispettato. E se sta cambiando, coinvolgendo anche i vecchi modelli di business, il rispetto impone l’ascolto. Gli artisti e gli autori questo lo sanno. Gli imprenditori della cultura lo devono imparare.

Questo passaggio avviene attraverso l’innovazione nel business editoriale. Questo significa anche una moltiplicazione dei sistemi di generazione di reddito per gli artisti e gli autori. La Kroes lo sostiene. E ha ragione.

Vedi anche:
Io editore tu rete – 21 novembre 2011
L’arte fuori di sé – 18 novembre 2011
Brevetti e copyright – 7 novembre 2011
Il buono dell’editore – 7 novembre 2011
Occupy museums – 25 ottobre 2011

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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