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Il migliore dei Monti possibile

L’idea del “migliore dei mondi possibile” è un truismo che non aggiunge nulla alla discussione, poiché è credibile solo se è intesa come la somma di tutti i possibili, concretizzati e ancora da realizzare. Anche perché il nostro problema è appunto quello di realizzare possibilità che non abbiamo ancora colto e scegliere tra esse. Ma che Monti sia una scelta sensata, invece, appare convinzione diffusa. Essenzialmente in rapporto a ciò che ha sostituito. Casomai ci si divide sulla sua durata: c’è chi pensa che il largo consenso parlamentare di cui gode attualmente sia finto ed effimero e c’è chi pensa che sia invece razionale e stabile. È chiaro che la soluzione al problema si vedrà nei prossimi mesi. Ma è anche probabile che entrambe le interpretazioni siano vere: la prima vale di default, la seconda si conquista giorno per giorno. Traslando sul programma che viene attuato lo stesso giudizio di ineluttabilità che ha condizionato l’appoggio all’insediamento del nuovo governo. Una roadmap credibile e concretizzata a tappe forzate. Sarebbe il “migliore dei Monti possibile”.

Da quello che si è capito finora, ci saranno sostanziali cambiamenti di politica economica:
1. Le azioni orientate al contenimento del debito saranno bilanciate da azioni orientate alla crescita
2. L’aumento della tassazione dei consumi e dei patrimoni sarà bilanciato da un alleggerimento della tassazione sul lavoro e l’impresa
3. L’accettazione dei vincoli europei alla sovranità italiana sulla politica economica sarà bilanciato da una riconquistata capacità di influenza italiana nella costruzione delle nuove istituzioni europee per la politica economica comune

Il problema casomai sarà quello di vedere se il bilanciamento sarà davvero equilibrato (mi scuso per il gioco di parole, ma è voluto: ed è dedicato al linguaggio, apprezzabilissimo, del professore primo ministro).

Se funziona avremo binari istituzionali più chiari che imporranno una roadmap ai governi futuri, dalla quale non potranno né vorranno troppo deviare i professionisti delle competizioni elettorali che arriveranno in seguito a governare. I giochi
demagogici dei professionisti delle competizioni elettorali, senza vincoli istituzionali, si vincono promettendo di più, urlando di più, affasciando di più: è un’escalation che rischia di demolire pezzo per pezzo la qualità dell’amministrazione e che va contenuta con il consenso razionale dei partecipanti. Un consenso che si può sedimentare in regole che a nessuno conviene rompere: il problema è scrivere quelle regole. E l’Europa in un certo senso ci sta aiutando. Quando una sterzata razionale si è fatta, forse può tornare in gioco l’emozione della competizione elettorale. Questa è probabilmente l’ipotesi di fondo di questa fase politica.

Ed è anche la risposta ai molti, compreso Davide che ha commentato un precedente post su questo blog, che si domandano se il nuovo governo tecnico non sia una sconfitta della politica. Il punto è, secondo me, che in realtà è una rivincita delle istituzioni sulla demagogia. La repubblica e la democrazia si bilanciano: la repubblica è ciò che abbiamo in comune, la democrazia è un processo nonviolento di composizione dei conflitti e sintesi degli interessi diversi. Entrambi aspetti di una sana convivenza civile. Una democrazia assoluta che provochi una dittatura della maggioranza e trasformi ogni territorio comune in un campo di battaglia ideologica o d’interessi divergenti non funziona e implode: la salvaguardia della repubblica, di ciò che abbiamo tutti in comune, di ciò che unisce anche chi ha idee e interessi completamente differenti, è altrettanto sacrosanta. Imho.

Detto questo, le decisioni concrete saranno tanto più forti quanto più appariranno bilanciate e razionali. Le idee emergenti sembrano andare in questa direzione. Privatizzazioni infrastrutturali bilanciate da investimenti nella loro modernizzazione, con una forte e vera centralità delle infrastrutture digitali, fisse e mobili. Diminuzione della tassazione sulle imprese e il lavoro e accelerazione dei termini di pagamento dello Stato, bilanciata da un aumento della tassazione sui consumi e il patrimonio e negoziata in cambio di un aumento dell’occupazione giovanile. Aumento degli investimenti in ricerca e istruzione, nel quadro di un nuovo ecosistema dell’innovazione che ne valorizzi i risultati in termini di nuove imprese e dunque di nuove entrate fiscali. Si tratta di approcci al problema che sottolineano la nuova centralità della produzione rispetto al consumo ma che si inquadrano in un metodo orientato a ricercare costantemente le compatibilità economiche.

Per qualche tempo, la demagogia dovrà fare un passo indietro. E sarà un tempo almeno un po’ pacificante. Ragionare per ipotesi, però, imporrà anche al governo una continua disponibilità alla verifica. E la sua più grande forza, probabilmente, sarà data dalla sua trasparenza nella spiegazione delle scelte: con la fine della demagogia deve finire anche il periodo delle scelte non spiegate, manipolatorie nei confronti dell’informazione offerta all’opinione pubblica. Su questo, un tema centrale resterà quello della modernizzazione del sistema dell’informazione televisiva. E purtroppo non molti da questo punto di vista sono ottimisti sulle capacità del governo di incidere. In questo senso, anche l’idea del “migliore dei Monti possibile” sarà messa a dura prova.

Vedi anche:
Downsizing expectations – 19 novembre 2011
Sviluppo è modernizzazione – 16 novembre 2011
On the roadmap – 15 novembre 2011
Dalle macerie alla ricostruzione – 14 novembre 2011
Una roadmap per gli italiani – 10 novembre 2011
Cognitively illiberal state – 3 novembre 2011

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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