Home » innovazione » L’Italia dov’è? A Genova. E dove va?
innovazione visioni

L’Italia dov’è? A Genova. E dove va?

La mostra l’Italia dov’è, al palazzo della Borsa di Genova, organizzata per il Festival della Scienza e realizzata da Codice e CarloRatti Associati, descrive tra l’altro l’innovazione tecnologica italiana e le connessioni tra gli innovatori italiani e il resto del mondo. Moltissima Europa, molti Stati Uniti, ma naturalmente anche Sudamerica e Asia… Una rete globale di relazioni scientifiche e tecniche unisce gli innovatori italiani a molte aree geografiche e culturali del pianeta. E oggi un po’ se ne parla al Palazzo Ducale.

Il tema esplicito della mostra è questo: sappiamo dov’è l’Italia come penisola, ma potremmo sapere meglio in che relazione è rispetto al resto del mondo, almeno per quanto riguarda la cultura dell’innovazione. Ma c’è anche un tema implicito: per migliorare questa relazione che cosa possiamo fare? E la risposta si deduce: migliorare i collegamenti fisici, le infrastrutture, l’educazione…

Già. Perché i collegamenti tra gli innovatori italiani e il resto del mondo sono spesso la condizione necessaria perché le loro innovazioni si possano realizzare. E perché la loro “italianità” non è definita se non dalla loro educazione.

Perché se anche sappiamo dov’è l’Italia non sappiamo moltissimo su “chi sono gli italiani”. O meglio abbiamo una molteplicità di idee in proposito. Sono italiani quelli che sono nati in Italia, da genitori italiani? Sono italiani quelli che hanno la cittadinanza italiana? Sono italiani quelli che hanno studiato in Italia? O hanno espresso la loro creatività in Italia? Tutto questo è un po’ vero e un po’ no. A seconda dei punti di vista. Ma che cosa è importante?

Se pensiamo agli italiani come diaspora di emigranti, pensiamo a un popolo con una sua sorta di genealogia e patria originaria comune. Un tempo si emigrava perché mancavano i mezzi materiali per campare nella terra di origine e ci si faceva una nuova vita in un nuovo mondo. Poi si emigrava per mancanza di lavoro nella terra d’origine con l’idea di tornarci per l’epoca in cui non occorrerrà più lavorare, nel frattempo costruendosi una casa al proprio paese. Oggi molto spesso si emigra per mancanza di prospettive professionali sofisticate e meritocratiche nella terra di origine, pensando che forse un giorno si tornerà o forse non sarà possibile. Quando queste diaspore sono legate a un territorio, vale di più quello che l’Italia, come pensiero dell’origine: forse si sente pù spesso di una diaspora genovese o napoletana o siciliana che di una diaspora italiana; e l’ultima interpretazione dell’emigrazione, che dà sempre meno importanza al territorio originario, non fa che ridurre l’idea di diaspora italiana a un’ipotesi astratta.

Se pensiamo agli italiani come coloro che hanno la cittadinanza italiana, la loro origine e genealogia non interessa più. Interessa la loro capacità di conoscere e seguire le regole costituzionali italiane. È un po’ come dire che è italiano chi vive in Italia, così come l’Istat dice che la famiglia è composta da coloro che vivono nella stessa abitazione. Ma allora quando si va all’estero e si ottiene anche una nuova cittadinanza si è meno italiani?

In realtà, la mostra indica che la soluzione è che siamo italiani perché abbiamo ricevuto una cultura italiana. E questo tra l’altro dimostra il valore del nostro sistema educativo, premessa di un grande potenziale ritorno economico – nell’epoca della conoscenza – nel caso che facendo conoscere questa alta qualità del sistema educativo si riesca ad attrarre talenti oltre che lasciarne partire.

L’Italia dov’è è una buona domanda. Ovviamente, l’Italia dove va è una domanda altrettanto buona.

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi