Peter Laufer ha avuto l’intuizione di portare più avanti l’idea di paragonare la dieta alimentare alla dieta mediatica, tirandone fuori una conclusione simile a quella di Slow food: abbiamo bisogno di recuperare un modo più sano di cibarci di informazioni quindi ci vogliono le Slow news. L’idea è buona perché attiva una serie di consapevolezze che abbiamo già assorbito sulla questione del cibo e le applica alla questione più sottile dell’informazione.
La quantità di rumore che viene dalla logica mediatica attuale è insana, dice Laufer. Concorderà qualcuno dei lettori di Ecologia dell’attenzione. L’approccio al sistema delle notizie con la metafora dell’ecosistema aiuta a riconoscere che alcuni modi di produzione delle notizie sono inquinanti e non fanno bene a chi le consuma, producendo disattenzione, perdita di fiducia, paura, incapacità di riconoscere una prospettiva, cinismo e orientamento a subire invece che a ribellarsi consapevolmente. La strategia della disattenzione è inquinante e politicamente orientata a favorire i potenti, contro l’innovazione.
Laufer parte da considerazioni molto simili. Le vede soprattutto dal punto di vista della sanità intellettuale personale. E propone un insieme di “ricette” per vivere meglio attraverso una migliore dieta mediatica.
Sottolinea da subito che all’elettronica va accompagnata la manualità. E che il bombardamento di notizie va attutito da momenti di silenzio. La sua tensione è verso un equilibrio più sano e meno passivo. Parte dalla definizione di “notizia” e si domanda che cosa non lo sia: suggerendo che quando i media propongono insistentemente un argomento, che però non sarà importante domani, non vale la pena di prestarci attenzione. Suggerisce di ascoltare opinioni diverse. E di cercare le fonti accurate, preferendole a quelle sensazionalistiche. Se le notizie non sono puro divertimento, vale la pena di impegnarsi a scegliere quelle che fanno bene e non quelle che si consumano in fretta. L’analogia con il fast food regge abbastanza, quindi meglio cibarsi di slow news.
I consigli di Laufer sono molto ragionevoli. Spegnere i canali all news quando si può. Leggere fonti diverse. Evitare i giornalisti con l’aggettivo (cioè quelli che raccontano tutto da un particolare punto di vista) e considerare i giornalisti come dei professionisti del filtro su ciò che è importante (quindi ogni tanto pagare per le notizie fatte bene…). Schivare i notiziari fatti solo per veicolare pubblicità.
E soprattutto farsi da mangiare ogni tanto, non andare sempre al ristorante in fretta e furia. Cioè imparare a fare informazione. Per stare meglio. E per contribuire alla comunità.
Semplici regole, quelle di Laufer. Ma intelligenti e ben proposte. Servono ad aiutare i cittadini che vogliano cessare di lasciarsi condurre passivamente dalla routine informativa, che spesso in realtà è un meccanismo manipolatorio, per diventare soggetti che coltivano una visione critica dei fatti per vivere meglio.
Per vivere meglio!
Vorrei che Peter Laufer desse un’occhiata a Timu. Proponesse i suoi consigli. E partecipasse a quell’esperimento. Che nasce certamente da sensibilità molto simili alle sue.
(Gli altri libri citati nel corso degli anni in questo blog)
Intanto sto leggendo anche:
1. Il capitale sociale, a cura di Guido de Blasio e Paolo Sestito (Donzelli)
2. Come abbattere un regime, di Gene Sharp (Chiare lettere)
3. The Happiness Project, di Gretchen Rubin (Harper)
Mi era venuta voglia di leggerlo, ora che lo hai paragonato a SlowFood la voglia mi è passata d un botto… anche di andare su Timu, in cerca di verità è meglio il CICAP
intendi il comitato italiano per il controllo sulle affermazioni che riguardano il paranormale? – avevo parlato di “verità”?
Giusto, non avevi parlato di “verità”, ed io che ho corso troppo con il pensiero e poco con le dita sopra la tastiera.
[…] parole, dimostra l’importanza di una informazione rallentata e approfondita, slow per dirla con Peter Laufer e il suo movimento che rimette al centro il tempo che investiamo come lettori, il valore che diamo al consumo delle […]