Ci è voluto qualche giorno. Poco tempo al giorno, per la verità. Ma un pensiero vagamente costante. Come quando una cosa che dovrebbe funzionare non funziona e pensi tutti i motivi per cui non funziona: chiedendoti se sei tu che sei imbranato o il sistema che è difficile. Provi timidamente le ipotesi più strane. Con la paura di sbagliare. E la delusione di non averci azzeccato. Poi trovi una cosa che forse c’entra forse no: se è giusta, è il sistema che ha sbagliato. Se è sbagliata sei tu l’imbranato.
Insomma, ora iCould funziona.
Ed era colpa sua. Aveva creato da solo una decina di calendari in più che nessuno gli aveva detto di creare. Alcuni veramente assurdi e ripetuti. Che duplicavano i segnali e rendevano impossibile alla cloud di capire quale comando era quello giusto. Li ho eliminati, con sprezzo del pericolo, e magicamente tutto funziona.
È magnifico! Aggiungi un appuntamento e dopo poco arriva anche sul computer. Aggiungi un contatto sul telefono e lo ritrovi quando apri la rubrica del computer. Senza connettere più nulla. I terminali si sono liberati di vincoli che non avevano più senso. Il passaggio è effettivamente epocale. È anche una sfida alla nostra consapevolezza: non possiamo permetterci di non sapere come funziona se vogliamo coltivare anche la nostra privata capacità di elaborare. Se non vogliamo che la frase pragmatica di Steve Jobs quando ha presentato la sua nuvola («la verità sta nella nuvola») diventi una religione.
Può darsi che averci messo una settimana a connettere la mia roba ad iCloud sia servito anche a capirne meglio il funzionamento. In questo senso non è stato solo un male. Di cerco, la lezione è stata interessante pur avendo lasciato qualche ipotesi aperta.
Può darsi che i milioni di persone che si sono collegati tutti insieme siano stati difficili da gestire. Può anche darsi che il mio account si sia trovato in coda e abbia aspettato a propagarsi. Per finire può essere che i miei contatti e appuntamenti fossero veramente molti. Sta di fatto che eliminate le scorie che ha prodotto da solo il sistema ora va.
Ma mi domando: ci voleva molto a mettere sempre sulla cloud una centralina di comando che coordinasse i setting sui terminali, in modo che su questi ultimi ci fossero pochissimi comandi da attivare? E invece che ne sono decine in ogni terminale e diversi in diversi programmi e applicazioni. Questa volta Apple ha deciso di rendere la vita un po’ più facile a se stessa e un po’ meno facile agli utenti. (Ma ho l’impressione che arriveranno anche alla centralina, prima o poi).
Ora, però, ho connesso un Mac e un telefono. Mi resta da affrontare un altro Mac e un iPad. Ma non ora.
I post precedenti:
Il passaggio su iCloud non è facile
Update: iCloud non è facilissimo
senza nulla togliere ad iCloud (che non ho provato) e senza voler scatenare flame, Google, con Calendar, Rubrica, Docs etc, consente tutto questo da diversi anni.
Però è un bene che ci stiano arrivando tutti, semplifica la gestione delle informazioni e ci aiuta moltissimo nella vita privata e professionale.
p.s. complimenti per il blog!
Completamente d’accordo con Giacomo.
Utilizzo gli stessi servizi di google da circa due anni e funzionano perfettamente. Quasi non mi sono accorto della virtualizzazione dei miei contatti, mail, documenti e calendari.
Da riconoscere che apple pur reinventando l’acqua calda riesce sempre a far parlare di se.
Rimane la sfida alla consapevolezza di cui hai scritto nei tuoi precedenti post…
certo, anch’io da molto uso i servizi “cloud” di google; andava provata anche questa versione che è abbastanza diversa, no?