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Android non è come Windows

Ovviamente l’acquisizione della divisione dei telefonini della Motorola da parte di Google continua a generare commenti. Perché oltre a essere grossissima, appassiona per le conseguenze strategiche.

Ci sono diverse interpretazioni.

La prima è quella che si legge nel comunicato di Google. Una mossa difensiva nell’area dei brevetti. Android resterà a disposizione di tutti i produttori che lo vorranno usare. Apprezzano questa interpretazione tutti quelli che sostengono la visione di Android come una sorta di sistema operativo standard aperto per gli smartphone generosamente messo a disposizione da Google. A vantaggio di questa idea c’è il fatto che i telefonini con Android hanno conquistato una grande quota di mercato. E poi la suggestione che viene dal paragone col passato: come Microsoft ha battuto la chiusa Apple nei pc così Android batterà la chiusa Apple nei cellulari. Il paragone però non regge fino in fondo: Microsoft faceva enormi profitti con il suo sistema operativo, Google non ci fa un dollaro; intanto Apple sta assorbendo una quota impressionante del profitto complessivo che le aziende producono nei telefonini. Google continua a basarsi sulla pubblicità ma è sufficiente nel mobile? Questa idea potrebbe non reggere alla lunga.

La seconda idea è che Google voglia diventare come la Apple. Un produttore di software e hardware in grado di controllare meglio il prodotto, di trovare maggiore qualità, influenzare i costruttori che usano Android a non customizzare troppo il sistema operativo come fanno oggi (il che lo rende meno standard di quanto sembri), fare almeno un po’ di profitti nel mobile. Su Slate una bella interpretazione in tal senso. Fabrizio Capobianco vede la mossa di Google come l’ammissione che la strategia di Apple era migliore.

È probabile che la strada sia una terza, più pragmatca: Google ha comprato una difesa nel settore dei brevetti, perché i brevetti degli altri conducevano i concorrenti a fare soldi con Android, ma 12md sembrano davvero troppi; quindi ha comprato anche una strategia alternativa, quella di entrare nella produzione di oggetti hardware-software che garantiscoo un valore aggiunto maggiore del semplice software; Fantasiosamente si potrebbe dire che ora può difendersi da Nokia-Windows facendo la Apple e da Apple facendo la Microsoft. Ma Google non è nessuna di queste aziende: ha un approccio pragmatico, aperto quando serve, chiuso quando vuole. E sa che il mondo mobile non è come quello dell’internet fissa, purtroppo, perchè nel mobile non c’è netneutrality. Ci si possono fare profitti enormi ma bisogna controllare il proprio mercato. Ma in moda da lasciare libero l’ecosistema di svilupparsi. Apple ha trovato un suo equilibrio. Google sta cercando il suo.

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  • Due osservazioni, la prima è che vedendo la situazione in cui si è trovata microsoft negli ultimi anni forse il fatto che android non sia windows è un fatto positivo più che negativo, android ha un futuro anche oltre google e anche oltre i produttori che conosciamo oggi, non è una cosa da poco. Una cosa poi che pochi analizzano è il mercato dei set-top box americano di cui motorola è uno dei maggiori produttori, metterci dentro google-tv potrebbe essere un ulteriore campo dove espandersi.

  • Google ha comprato principalmente un nuovo posizionamento su mercato mobile e home box, o almeno l’opzione per un nuovo posizionamento.

  • Bravo Luca! Mi piace e condivido questa visione. 😉
    Permettimi di aggiungere che le aziende che non disegnano inseguono il disegno (design) degli altri! È questo il caso di Google che sta usando questa strategia per prendere tempo per ridefinire il proprio scenario futuro, mentre gioca il ruolo “Google contro tutti” (vedi anche G+ vs Facebook).
    Forse il problema è che non si vede ancora nella grande G “il design dei servizi” dei grandi, o che almeno ci si aspetta da un brand che vuole rimanere leader.
    La chiave di volta sono i contenuti, Google su questo fronte ha asset forti ma dispersi. Mentre Apple i suoi asset, come mattoncini lego, li ha messi tutti in linea [dagli accordi con gli editori (musica, cinema, newspaper) a quelli con gli sviluppatori].
    Quindi, se è vero che the Contents is King, chi farà pendere l’ago della bilancia, sui rispettivi “servizi” sono i prouser che sceglieranno l’esperienza del servizio migliore. È qui che credo, si giocherà la vera battaglia (forse anche con Facebook)

  • Bravo Luca! Mi piace e condivido questa visione. 😉
    Permettimi di aggiungere che le aziende che non disegnano inseguono il disegno (design) degli altri! È questo il caso di Google che sta usando questa strategia per prendere tempo per ridefinire il proprio scenario futuro, mentre gioca il ruolo “Google contro tutti” (vedi anche G+ vs Facebook).
    Forse il problema è che non si vede ancora nella grande G “il design dei servizi” dei grandi, o che almeno ci si aspetta da un brand che vuole rimanere leader.
    La chiave di volta sono i contenuti, Google su questo fronte ha asset forti ma dispersi. Mentre Apple i suoi asset, come mattoncini lego, li ha messi tutti in linea [dagli accordi con gli editori (musica, cinema, newspaper) a quelli con gli sviluppatori].
    Quindi, se è vero che the Contents is King, chi farà pendere l’ago della bilancia, sui rispettivi “servizi” sono i prouser che sceglieranno l’esperienza del servizio migliore. È qui che credo, si giocherà la vera battaglia (forse anche con Facebook)

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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