David Weinberger commenta con il titolo qui tradotto la scelta di Time di dare a Mark Zuckerberg il titolo di persona dell’anno 2010.
Il retroscena è interessante. Nel 2006, Time aveva scelto “you” come persona dell’anno: tu, che ti vedi nello specchio pubblicato in copertina, tu che contribuisci all’informazione sui social media. E anche quest’anno Time aveva chiesto ai lettori di indicare quale persona avrebbero voluto premiare quest’anno con la copertina. Ebbene, i vari “you” di Time hanno votato tutt’altra persona dell’anno: Julian Assange. Ma Time ha deciso che “you” aveva torto e che la persona dell’anno era il fondatore di Facebook che tra l’altro è in piena campagna di pubbliche relazioni (la sua apparizione a 60 minutes ha fatto scalpore, qualche settimana dopo l’uscita del film critico sulla storia del suo social network).
Time ha evidentemente voluto dire che “you” fa i social media, ma Time non è un social media. E probabilmente, come dice Weinberger, è giusto così. Anzi, dichiarare un’alterità dal popolo della rete per un settimanale è una necessità identitaria fondamentale. Sta di fatto che non è ben chiaro allora perché sia stato fatto il sondaggio tra i lettori che aveva dato un risultato tanto diverso da quello poi deciso dal settimanale. Perché?
…forse perche’ erano certi che avrebbe vinto Zuckerberg? forse perche’ non si puo’ far vincere un uomo in carcere su cui pende una richiesta di estradizione dal Governo svedese per accusa di stupro?
Alcune risposte da pessimo dietrologo ma discreto umorista:
a) perché avevano già deciso chi, ma volevano fare la “Notizia” e hanno lanciato il sondaggio per poi poterlo clamorosamente smentire
b) perché – come insegna il giornalismo – non gliene frega niente dell’opinione della gente ma solo quella dell’editore