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Morozov su Wikileaks e la teoria della trasparenza

Evgeny Morozov è un critico lucido dell’ideologia della democraticità di internet e argomenta di solito sulla scorta di un dato incontrovertibile: internet può essere usata da tutti, attivisti e potenti, autoritari e democratici, dissidenti e polizie, terroristi e stati. In un’intervista a Cristian Science Monitor applica questo suo approccio al caso Wikileaks.

Sostiene Morozov di non essere in grado di riconoscere nelle parole e nel comportamento di Julian Assange una teoria consistente che motivi le sue azioni. L’idea di trasparenza portata avanti da Assange è comunque selettiva e mirata più che altro a indebolire gli stati e i poteri forti. La sua forza non è tanto nella teoria ma nella pratica: ottima tecnologia per criptare l’invio a Wikileaks dei documenti, dice Morozov. E infatti sarà sempre appoggiato dai geek che nel mondo vogliono difendere la loro libertà di dimostrare la propria bravura.

Ma detto questo, il problema diventa quello di farsi un’idea indipendente della vicenda. Morozov individua una contraddizione nelle posizioni dei difensori a oltranza di Wikileaks. Dice in sostanza che gli stessi sostenitori della trasparenza assoluta negli stati, che di fatto è un indebolimento degli stati, sono anche sostenitori della privacy dei cittadini nei confronti non solo dell’ingerenza statale ma anche di quella delle compagnie che come Google e Facebook si appropriano di dati potenzialmente sensibili. Ma è chiaro, dice Morozov, che solo uno stato forte può contrastare le compagnie private che operano ai margini della legge sulla privacy. E indebolire lo stato non aiuta in questo senso.

La questione peraltro a questo punto torna a essere quella della quale si è parlato anche in passato su questo blog. La conseguenza di iniziative come Wikileaks non va valutata come se fosse un fenomeno in sé e in base all’assunto che possa vincere su tutta la linea modellando il mondo in base al loro punto di vista. Perché non è storicamente sensato pensare che una parte abbia la capacità di vincere su tutta la linea. In realtà, c’è un continuo confronto tra punti di vista diversi e conseguenti iniziative e azioni. Quindi le conseguenze di un’iniziativa vanno viste nel quadro dell’insieme delle iniziative in atto. L’entrata in gioco di Wikileaks può provocare due generi di effetto: 1. una radicalizzazione del conflitto tra poteri che vogliono controllare e contropoteri che vogliono ridurre il controllo; 2. un’innovazione del quadro organizzativo nel quale circolano le informazioni e si proteggono le minoranze e le fasce deboli, con una maturazione dell’idea che l’equilibrio dei poteri è meglio della prevalenza di un potere. Da questo punto di vista, si spera nella seconda possibilità. E ci sono buone possibilità che questa seconda possibilità sia in fondo la più realistica. Imho.

Il dibattito peraltro sta diventando molto importante.
Stefano Rodotà
Vittorio Zambardino
Noam Chomsky
Dan Gillmor
Mark Lee Hunter
Clay Shirky
John Naughton

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  • Rivoluzione e Pierferdi nella stessa frase sono un ossimoro.
    Se posso dire una parola su tutta la vicenda, mi sembra che Wikileaks venga usato dai grandi giornali per portare avanti le loro tesi, che non sono rivoluzionarie, come giustamente dice Luca, ma più semplicemnete politiche. Senza la ripresa dei grandi giornali e dei media in genere, Wikileaks sarebbe una scoreggia nello spazio. Sono i grandi giornali che decidono cosa enfatizzare e cosa no. Esempio, su un argomento spesso dibattutto qui; uno dei documenti diffusi riporta le ocnfidenze di un viceministro dell’economia cinese a un diplomatico USA in cui viene detto chiaramente che il governo cinese non crede alle statistiche economiche … cinesi, e che cerca di capire spannometricamente come va l’economia non dai dati che raccoglie in periferia e che finiscono nel calcolo del PIL, ma da indicatori come il traffico merci sui treni e i consumi di elettricità, su cui la struttura del partito non può barare (non più di tanto, almeno). Negli USA se ne è accorto l’Atlantic, in Italia mi risulta solo il Foglio. Possibile che la NOTIZIA (secondo la definizione di Luca) che il governo cinese ritiene che le sue statistiche economiche sono false non sia una NOTIZIONA anche per i grandi media?

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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