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Paul Steiger senza bavaglio

Paul Steiger, leader di Propublica, ha voluto sapere di più della legge “bavaglio“. La descrizione della legge e dei motivi per i quali il governo italiano la vuole far passare lo hanno spinto a spiegare che negli Stati Uniti le intercettazioni non hanno limiti di tempo e se vengono per qualche motivo in possesso di un giornale possono essere pubblicate.

Ci possono essere casi in cui le intercettazioni non devono essere fatte uscire, ma anche in quei casi il responsabile dell’illecito è chi le dà a un giornale: resta chiaro che il giornale che ne venga in possesso le puó pubblicare anche in quel caso (se non ha pagato per averle diventando così complice). Questa è la libertà di stampa. E non è troppa libertà di stampa.

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  • »ma anche in quei casi il responsabile dell’illecito è chi le dà a un giornale
    Come del resto dice la legge attuale…

  • Sì ma i conti non tornano. La legge attuale quindi lo dice ma non lo fa. Le sanzioni non si danno con le parole nell’ambito giuridico. Applicare la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti (la 231 per capirsi) agli editori e di conseguenza ai giornalisti, è una madornalità. Controllare con tali mezzi autoritativi di diritto un bene come l’informazione, non è molto diverso che farlo con altri mezzi più grezzi.

  • Vorrei vedere le statistiche dei reati di violazione del segreto sugli atti istruttori in Italia. Se è reato, va perseguito anche senza querela di parte. Come mai non lo è? Risposta facile facile: dal momento che a violare la legge sono i PM, vorrete mica che un PM indaghi su se stesso ?
    Risposta a Steiger (preferivo Rod…): se è vero quello che dice (dubito), come mai nei giornali americani di intercettazioni non se ne vede l’ombra, e quelle poche solo a fine del procedimento ? ProPublica ha delle statistiche ? Quali sono i casi in cui le intercettazioni non si possono pubblicare (sospetto quasi tutti)? Risposta facile facile: perchè non è vero che le intercettazioni le fornisce l’intercettato. E in America se un procuratore distrettuale fa queste cose finisce malissimo. E non citatemi il caso dell’ex-Governatore dell’Illinois: le intercettazioni sono uscite quando il capo di accusa era stato formulato, quindi a fine indagini, non nel corso delle indagini e prima di andare di fronte al giudice. E il procuratore lo ha fatto in modo aperto, e se ne ciuccerà le conseguenze in sede di rielezione (i procuratori si eleggono negli USA).
    Quanto al fatto che solo se il giornale paga allora è complice, legalmente è una barzelletta. La Gioconda appesa in salotto ?, me l’hanno regalata… Se si tratta del reato di ricettazione, non c’è bisogno di pagare: se si utilizza o si viene in possesso di qualcosa frutto di reato e si sa che è frutto di reato (e con un’intercettazione, come per la Gioconda, non puoi non saperlo, e comunque l’ibere della prova è di chi è in possesso del bene, esiste anche il reato di incauto acquisto), anche se te la regalano, sempre ricettatore sei.

  • Vorrei lasciare un attimo da parte sia l’aspetto legislativo, che le prassi di altri ordinamenti giuridici, quasi tutto cioè. Per ridurre all’osso la questione, ma quale sarebbe il motivo sostanziale o la ratio per cui non si dovrebbero pubblicare intercettazioni? Qualcuno potrebbe affermare con certezza che i fatti emersi all’opinione pubblica ora, senza la forza delle intercettazioni, avrebbero avuto l’impatto che piaccia o non piaccia, sopperisce l’inefficacia dell’amministrazione della giustizia? Siamo d’accordo che il problema parte dall’organo giudiziario, ma solo perché ricorre ad altri, quelli dell’opinione pubblica, quando invece basterebbe la legge. In Italia purtroppo non basta. Questo è il problema. Rimango dell’idea che sia il minor male considerando le condizioni in cui la distorsione nasce.

  • Riducendo all’osso: dal momento che un organo giudiziario (alcuni PM) non ha gli elementi per vincere in tribunale (e lo sa), confeziona “polpette” tagliando e incollando (qualcuno si ricorda cosa successe per Toghe Sporche ? Metà degli indagati venne prosciolta perchè una volta risentite le intercettazioni ambientali, metà erano incomprensibili e l’altra diceva il contrario di quello che c’era scritto nelle trascrizioni. Per non parlare di Calciopoli), che poi passa ai media compiacenti. Questo crea pressione sugli indagati (attenzione, non sono ancora nemeno stati accusati davanti al GIP), gogna mediatica, con l’evidente intento di comunque guadagnarci qualcosa (anche visibilità, umano troppo umano). E dal momento che i PM non agiscono (almeno quasi sempre) in proprio ma fanno parte di gruppi di potere (altro che P3), l’un contro l’altro armati, spesso all’interno della stessa parte politica (ricordate il caso Consorte), questo comporta una guerra per bande che non solo scredita la democrazia (di cui viene sempre fatta passare la visione, molto PCI sin dai temi di Gramsci, che sia formale e che debba venì qualcuno per farla sostanziale, altro che valori condivisi, siamo alle barzellette) ma scredita la stessa amministrazione della giustizia. Che non è inefficace perchè è farraginosa (anche) ma perchè nei casi di alto profilo che piacciono tanto ai media porta a processo cose che non sarebbero da portare perchè non difendibili in un’aula di tribunale. Poi si arriva in Cassazione (ma anche prima) e bum viene giù tutto. Qualcuno si ricorda il caso del recentemente scomparso Lelio Luttazzi e di cosa scrissero i giornali al tempo ? Roba da vomitare.

  • Conosci meglio di me molte vicende che possono dimostrare l’uso politico della magistratura a mezzo stampa. Non sono di certo neanche un fautore della giustizia dei giudici. Che poi questi siano di sinistra è veramente la barzelletta del secolo. E che gli altri poveracci della libertà sono assediati dagli sfigati in pensione è tragicomico. Sullo scredito della democrazia sono d’accordo. Sul discorso della forma, la penso come Natalino Irti (fuori da ogni sospetto comunista), è un salvagente, ma solo perché la sostanza è nella procedura. Non bisognerebbe però accusare il formalismo quando non si è stati in grado di usarlo come boa di salvataggio, ma prendere atto che la forma c’è e solo quella ha valore.

  • Come diceva il mio maestro, la democrazia rappresentativa è una gran cosa perchè è riuscita a ritualizzare il metodo normale della conquista del potere (la guerra civile con sterminio dell’avversario). Sotto il rito rimane la sostanza, che è scontro feroce, specie in Paesi come l’Italia dove il potere pubblico è tutto, è la differenza tra vita e morte, dove le leggi si interpretano con gli amici e si applicano con i nemici. Ci sono alcune parti politiche (mi dispiace, è oggettivo) che per cultura gramsciana (del marxismo il macchiavellismo leninista-gramsciano e l’unica cosa che è sopravvissuta) mal sopportano il rito e le regole rituali (il rito funziona solo se tutte le regole vengono rispettate) e prendono scorciatoie. Per questo siamo sempre sull’orlo della guerra civile. Viva il formalismo: ma siamo riusciti a rendere opinabile anche la forma (interpretazione e applicazione). Non ho molte speranze, anche la legge sulle intercettazioni è un palliativo. Forse la separazione delle carriere sarebbe più forte, quantomeno balcanizzerebbe i gruppi di potere, anche se la legittimazione (legale, per concorso, ossia per cooptazione, come diceva il mio maestro) sarebbe sempre favorevole al perpetuarsi dello status quo. Forse bisognerebbe veramente eleggere i PM su base locale e restringerne il campo d’azione a un certo numero di reati locali e inventare un altro percorso per la magistratura federale. I check and balances, che in Italia non funzionano perchè sono concepiti a culo. I nostri costituenti hanno fatto un vero casino. E’ significativo che mentre negli Stati Uniti fioriscono gli studi sulle posizioni dei singoli costituenti nella formazione della Carta, e anche alla scuola media si insegna cosa proponeva Madison, cosa Hamilton, cosa Jefferson, la posizione di Washington e dei gruppi che stavano loro dietro, da noi si studiano i lavori della costituente solo all’università in corsi specifici solo a Scienze Politiche e nemmeno a Giurisprudenza. Questo è una Paese di cultura pubblica e politica inesistente da sessantanni. Ma la cosa non frega a nessuno.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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