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Storcere il naso in rete

Si vede che storcere il naso quando si parla di internet è diventato un modo per appartenere alla corrente di chi è controcorrente. Come se si potessero combattere gli ideologici che hanno dipinto la rete come una terra promessa – quindici anni dopo – dicendo che non è veramente meravigliosa. C’è rumore, si dice. C’è falsità, si afferma. C’è capziosità, settarismo, violenza, populismo… si lamenta. Ovviamente, si ammette anche che in rete c’è tanto di buono… ma insomma…

Insomma che?

Una rete di decine di milioni di persone in Italia, di quasi due miliardi di persone nel mondo, non si valuta come unità. Ma per quanto valgono le diverse fonti di contenuto, le piattaforme sulle quali si pubblica, le innovazioni che non cessano di alimentarla. E comunque, in un’epoca ancora dominata dalla televisione, che ha tutti i difetti della rete più uno, storcere il naso parlando di internet è come dire che la rivoluzione è scomoda.

Casomai, occorre digerire l’innovazione, pensare le conseguenze di quello che si sta facendo, credere nella possibilità di cambiare quello che può essere cambiato e smettere di fingere di poter cambiare ciò che non cambia. E casomai si può cercare una sintesi pratica: la televisione, si diceva, è il potere rassicurante della convenzione mentre internet è l’influenza inquietante dell’azione. Nel senso che la sua vera specificità è la facilità con la quale si può tentare di trovare e proporre alla rete una soluzione per i problemi che la rete sembra far emergere.

Tanto per fare un esempio. Tutti noi soffriamo per il “rumore” della rete: internet per ora non ha risolto il fastidioso “rumore” generale delle grida sconnesse che la società lancia attraverso tutti i suoi media (cfr. Ecologia dell’attenzione) e forse ha contribuito ad aumentarlo. Ma a fronte di questo, la gente che sta in rete non cessa di provare a proporre nuovi filtri, motori di ricerca, forme di collaborazione, che servono proprio a navigare meglio tra le molte sollecitazioni mediatiche, con meno disturbi. Di certo non siamo vicini alla “soluzione finale”, ma questa probabilmente non è desiderabile. Probabilmente, siamo invece molto vicini al punto di partenza di questo strumento: la cultura non lo ha ancora digerito. La gerarchia della qualità, la finezza intellettuale, l’eccellenza delle idee non si distingue ancora facilmente dalla bagarre generale. Ma è inutile accusare di questo la rete (dimenticando che la televisione ha fatto la sua parte, eccome): molto meglio farsi venire un’idea e agire. Si può.

(Con pazienza. Senza stancarsi).

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  • Gran bel post. Sottoscrivo tutto, soprattutto il modo in cui a volte si critica il web: senza puntare il dito, per dimostrare di non essere retrogadi, ma riferendosi a internet come un mondo caotico, senza regole, quindi pericoloso.

  • Vedo solo ora (e mi scuso). In realtà per capire la rete occorre usarla, e c’è qualcosa di nuovo da imparare tutti i giorni. E ci si diverte, e non si è passivi. Poiché la passività è il male oscuro del nostro tempo, Internet è un balsamo ricostituente

  • Direi che se c’è una cosa che può fare storcere il naso parlando di “internet” è il fatto che, come in un pendolo, la spinta ad uscire dalla passività indotta dal consumo televisivo ha oltrepassato il punto di equilibrio e finora ha prevalso la tendenza all’azione per l’azione, a l’iperattività, al “posto(twitto, linko, commento, etc.) ergo sum”.
    Penso che sia auspicabile arrivare velocemente ad una fase di maturità nella quale, dopo la televisione-cattedrale e l’internet-bazar, si arrivi al modello “tavola rotonda” ( o altro termine più felice che ora non mi viene). Non vedo alternative per rendere intelleggibili e fare emergere le idee migliori.
    My due cent.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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