Al Festival Economia di Trento oggi si discute del valore dei dati pubblici resi disponibili per i cittadini e le imprese. E’ un argomento che diventa ogni giorno più affascinante. Certo, è dura trasformare la pubblica amministrazione in un generatore di coolness. Ma il fatto è che i cittadini ne possono trarre vantaggi, opportunità e divertimento. Ne parlava su Nòva un gruppo di esperti, il cui lavoro curato da Gianluigi Cogo, Matteo Brunati, Nicola Mattina, Ernesto Belisario, Titti Cimmino, è ora raccolto in una Review.
06/06/2010 10:13
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Dati aperti
06/06/2010 10:13
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Luca De Biase
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A seguito della pubblicazione da parte del governo dei dati sulla spesa pubblica, il guardian ha messo a disposizione dei lettori una pagina per fare ricerche o anche solo esplorare per categorie di voci la grande quantità di dati a disposizione.
http://coins.guardian.co.uk/coins-explorer/search
http://www.guardian.co.uk/politics/2010/jun/04/coins-database-complete-public-spending-books
Luca, fai questa cosa qui, parla con qualcuno lì della Provincia di Trento.
E te lo scrivo proprio dove parli di OpenCulture.
Volevo riportare questo articolo http://www.uffstampa.provincia.tn.it/csw/c_stampa.nsf/8d60911a745c25adc12574940035857e/b212f552120d2052c12577390058fc62?OpenDocument
su dei blog, è l’articolo sul PIL e il FIL, ma per scrupolo vado a leggere le note legali del sito della Provincia di Trento, dove l’articolo appare, qui http://www.provincia.tn.it/note_legali
Bene. La Provincia di Trento, come già altri che conosciamo, vuole che le venga chiesto il permesso per *linkare* l’articolo, neanche per copiaincollarlo.
Fai notare a qualcuno l’incongruenza, evangelizza e catechizza 🙂
Confido in una registrazione streaming della cosa, non riesco ad esserci .( O almeno in un bel resoconto puntuale.
Il tema è fondamentale in effetti.
Sotto molti punti di vista, anche qui se ne parla:
-> http://factcheck.it/2010/06/03/tornare-a-parlare-di-dati/
Credo che ci siano anche connessioni con l’idea di filiera corta ed innovazione dal basso: mettendo i dati online in forma grezza si accorcia il lavoro della PA nel dover loro applicare una logica nel renderli friuibili per il pubblico attraverso siti e servizi web che hanno un certo tipo di costo.
Anzi, riusando un livello di logica applicata ai dati nella loro visualizzazione già rilasciata in versione open source e quindi un terreno di un commons che non serve re-inventare, come avevi già accennato in effetti collegandoti al post sulle visualizzazioni dei dati ( http://blog.debiase.com/2010/06/vedere-i-fatti.html ).
Ovviamente è un cambio di paradigma nel concepire anche i commons a disposizione del cittadino: occorre rifocalizzare l’idea che il libero Mercato abbia vantaggi in ogni cosa. Forse non è così, soprattutto a questi livelli.
Un nuovo asset da gestire per un’economia della conoscenza più sostenibile? Me lo auguro.
E’ che per capire il valore dei dati aperti, occorre formare sul valore dei commons, che oggi è stato perso, da quello che vedo nella mia esperienza personale.
Buongiorno,
io ho appena iniziato una ricerca per la Scuola Superiore S. Anna di Pisa proprio su questo argomento, vedi http://stop.zona-m.net/it/node/177 , ma purtroppo non posso essere presente a questo incontro.
Chiedo quindi sia al signor De Biase di farci sapere se dall’incontro verrà fuori qualcosa di specifico, e cosa, sul valore economico dei dati delle PA _locali_.
Grazie!
(chiunque volesse contattarmi per saperne di più su questo progetto o discuterne insieme può scrivermi a mfioretti, chiocciola nexaima.net)
Sicuramente avere i dati della PA è importante, ma in questo momento di estrema necessità di operare feroci tagli alla spesa pubblica, fissarsi su queste cose è un ottimo assist per la PA che, magari accontenterà pure quelli che i dati li vogliono online, spenderà anche un mare di denari per farsi considerare in linea con i paesi avanzati, ma nel frattempo l’unica cosa che ci serve subito (per contenere la spesa pubblica e non farci aumentare le tasse), cioè interconnettere ASAP i variegati pezzi della PA e della PAL, non si farà, costringendoci ancora per anni a costose pellegrinaggi fra uffici pubblici per ottenere pezzi di carta timbrati che dimostrano una cosa che l’Ente Y poteva AUTOMATICAMENTE andare a reperire sul sistema dell’ente X.
Roberto Marsicano, permettimi di non essere d’accordo.
A) E’ un opportunità incredibile per rilanciare l’economia e, in primis, quella immateriale.
B) Permetterebbe di rompere le rendite da posizione che si son cristallizzate sul dominio dei sarcofaghi pubblici
C) L’interoperabilità che tu auspichi è una pura chimera, troppi player non interessati
D) Valuta anche che il rilascio dei dati potrebbe significare la fine dell’ICT gestito dalla PA, con maggiori risultati e ritorno occupazionale nell’ambito privato.
My 2 cents
@gigi non è un problema di interoperabilità quello dei documenti amministrativi, ma di eccesso di decentralizzazione delle deleghe di competenza. Già con la legge 241 del 1990 (20 anni fa) erano previste tutto quello che ora viene propugnato come un’elisir, con revisione costituzionale addirittura. Non capisco per quale motivo non si dovrebbe riuscire ad imporre per legge che gli oneri dovrebbero assumerseli chi è già pagato per farlo. Nell’ICT municipalizzato invece il discorso cambia, lì ci sono troppi interessi contro per lasciare la presa agli appalti di servizi, che non hanno niente a che fare con i dati. Questi “dovrebbero” servire solo per sapere, confrontare e al limite delegittimarne l’operato istituzione, obiettivo ben diverso da quello dell’in house a cui accenni. Per quest’ultimo basterebbe molto meno, peccato che non succede: denunciare pubblicamente e se del caso nelle sedi opportune le distorsioni che arrecano al mercato. Non viene fatto perché spesso queste società sono la password di appalti (vedi i POR sull’innovazione tecnologica, società dell’informazione ecc) o e questo è quello che bisognerebbe dire, sono aziende cosiddette “speciali”, pubbliche-private-partnership. Cominciamo ad uscire dalla retorica che i cavilli della burocrazia sono costi della politica. Sono costi di chi predilige l’opacità.
Non avevo dubbi che scopo precipuo dell’IT nella PA e nella PAL è spremere una delle tette della lupa romana, che sarà pure ladrona ma, o di tasse o di debito pubblico, le ha sempre belle gonfie per gli amici degli amici.
Sull’interconnessione non vedo come i player “interessati” si possano opporre di fronte a un qualsiasi ministro del tesoro con la cassa vuota e impossibilitato a fare window dressing di bilancio come hanno fatto Grecia, Ungheria e chissà chi altro.
Forse non si è capito!
E pure ve lo ha detto anche SB: tutti i paesi europei (esclusi quelli scandinavi che hanno un buon rapporto territorio/popolazione) vivono da anni al di sopra delle loro possibilità, perciò DEVONO tagliare, ovviamente dove si può tagliare, cioè sull’amministrazione pletorica.
Altrimenti bisognerà tagliare le pensioni già erogate e l’assistenza sanitaria.
Automatizzare è una strada obbligata.
Vi segnalo l’iniziativa della Regione Piemonte “riuso dati pubblici”: http://www.dati.piemonte.it/
Ciao Luca, a proposito di dati aperti vorrei segnalarti l’iniziativa spaghettiopendata.org
Iniziativa a cui ho preso parte grazie anche al mio amico Matteo Brunati.
Enrico Damiano
I dati pubblici sono di rilevanza fondamentale anche per le imprese anche se spesso si nota anche una sovrapposizione di dati ridondanti, in archivi di enti diversi, con un sensibile spreco di risorse, che verrebbe meno con una gestione archivistica centralizzata