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Ministro dell’Internet: “Internet mi fido”

Il Sole pubblica le bozze preparatorie del “codice di autodisciplina di internet” sponsorizzato dal ministro dell’Interno.

Il passaggio-chiave, mi pare, riguarda il fatto che è un codice da adottare su base volontaria:
“Fermo restando il rispetto delle norme vigenti, con il Codice si intende assicurare – su base volontaria – l’adozione di procedure volte a contrastare l’uso illecito delle risorse Internet fornite dai soggetti aderenti e, in particolare volte a garantire, su tali risorse, il pieno rispetto della dignità umana ed il rifiuto di ogni forma di discriminazione fondata, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali. Si intende altresì assicurare particolare attenzione agli utenti minorenni, anziani e, in generale, meno esperti, promuovendo un uso più consapevole e sicuro della navigazione sul web e garantendo loro una maggiore tutela.”

In pratica, pare di capire, che chi aderisce al codice si impegna a togliere i contenuti offensivi (tempestivamente, se segnalati da parti lese). E poi un sacco di altre cose tutte da leggere e sulle quali riflettere. Tra queste è sparito – si direbbe – l’obbligo di mettere in vista il logo del codice (basta dichiarare la propria adesione con la formula prevista). Funzionerà?

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  • cioè praticamente un bignamino dei principi base ribaditi dal tutte le leggi che dovrebbero regolare la nostra vita civile: dalla dichiarazione dei diritti alla costituzione, ma su base volontaria.
    Fate i bravi se volete.
    Funziona, codice penale alla mano, IRL ?

  • Chi conosce sia la Raccomandazione del Parlamento Europeo http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=P6-TA-2009-0194&language=IT
    sintetizzabile come bilanciata contemperazione tra: massima libertà di utilizzo della rete come forma di emancipazione (di cittadinanza contro l’analfabetismo elettronico e l’esclusione digitale) ), salvaguardia da forme di controllo e censura (libertà attiva e passiva d’informazione: informare e informarsi) e protezione della vita privata (diritto all’oblio e della personalità, privacy ma anche all’indebito utilizzo dei dati per scopi commerciali), non può che notare come il “codice” usi i primi due beni di tutela surrettiziamente per motivare l’obiettivo del terzo, la sicurezza.
    C’è anche una ragione per questo, infatti la Direttiva del Parlamento Europeo del 12 dicembre 2009 sulla riforma delle telecomunicazioni
    http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//NONSGML+JOINT-TEXT+C7-2009-0273+0+DOC+PDF+V0//IT&language=IT
    vieta espressamente qualsiasi restrizione della libertà, con la conseguenza che qualsiasi provvedimento può esser imposto con una serie di garanzie procedurali (vincoli) attuative: ecco che esce il codice.
    Forse ho preso un abbaglio, anche perché non ho mai letto un codice di condotta scritto in modo così vago e opaco. Se dovesse fungere da marchio di qualità poi, non si capisce chi sarebbe il soggetto garantito e come con quelle disposizione raggiungerebbe lo scopo.
    Onestamente noto solo incongruenze tra ragioni, strumenti e obiettivi previsti.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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