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Genna e i canoni del web

Giuseppe Genna ha parlato ieri, a Oilproject, della narrazione all’epoca del web. Epica e sperimentazione, classifiche e canoni. Post-moderno e paura.

Sintesi personali:
1. Molte funzioni tipiche degli editori tradizionali potrebbero finire ai leader delle grandi piattaforme, tipo Apple. Per gli editori di libri, i distributori, i tipografi potrebbe essere un problema.
2. Alcune innovazioni, mutuate dai telefilm, potrebbero diventare una nuova funzione editoriale: la creazione di mondi di senso all’interno dei quali si valorizzino le singole vicende. Potrebbe essere una chance per gli editori di giornali, le cui testate si avvicinano all’idea di “mondo di senso”. Lo stesso vale per nuovi progetti collettivi, in stile wikipedia,
3. Alcuni autori, divenuti icone, potrebbero diventare a loro volta con la loro biografia delle forme di sintesi del contesto, trovando il mondo di valorizzare i loro contenuti in maniera adatta al nuovo mondo dell’editoria crossmediale.

Giuseppe ha sottolineato molti rischi. Uno mi pare da ricordare. Le modalità di conversazione in rete rischiano di appiattirsi su alcune forme convenzionali, canoniche. Valorizzando il dialogo soltanto tra coloro che le apprezzano aprioristicamente. E facendo perdere occasioni di incontro con lo stupore delle idee diverse e inattese.

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  • Due cose che pensavo ieri mentre vi ascoltavo.
    Avete discusso molto delle modaità narrative (piattaforme, kindle, racconti, telefilm, wikipedia, epiche virtuali comuni, conversazioni in Rete che appiattiscono) e un po’ anche del pubblico.
    Perché invece non parlare anche del potere di scelta dei narratori di determinare (o creare da zero) la modalità narrativa che pare loro più propria? ( e che può magari non comparire nella lista precedente ).
    Mi spiego meglio. E.A.Poe – credo nell’introduzione a la Rue Morgue – dice di aver scelto il racconto perché è l’unica modalità narrativa che gli permette di avere totale potere sulla mente del suo lettore per tutta la durata della narrazione. È una bella presa di posizione. Significativa esattamente come i racconti stessi.
    Ora, non mi interessa nello specifico la scelta di Poe. Mi interessa l’atto di scelta della forma narrativa. Non è forse questo che può evitare l’appiattimento, “le forme convenzionali, canoniche [..] che fanno perdere occasioni di incontro con lo stupore delle idee diverse e inattese” ?
    Sintetizzando: in un contesto di narrazione frammentaria e debole (come avete detto), non può invece conquistare una nuova importanza e vivere una seconda vita la scelta unitaria e forte della modalità narrativa? Non è lì che – in un’informazione destrutturata – si manifesta Il Narratore?
    Un’altra cosa. Ieri avete detto che avere un feedback immediato e continuo rispetto alla propria produzione culturale è potenzialmente molto nocivo. Ad esempio: gli scienziati seguirebbero solo i percorsi di ricerca aventi risultati mondani più immediati. E Genna ha fatto lo stesso paragone con i registi.
    Bella riflessione. Ma aspettate un attimo. Non mettiamo tutto nello stesso calderone. Lì stavamo parlando di “contenuti”, non dei sottoinsiemi di contenuti “arte” o “ricerca”.
    Anche i contenuti – e non solo l’arte – sono mezzi di narrazione.
    E se questa considerazione del “feedback immediato nocivo” vale per arte e ricerca (è vero!), non è affatto detto che valga per i contenuti in generale.
    Per gran parte dei contenuti pubblicati sul web, il feedback immediato (sia a livello di azioni contingenti, sia a livello di “incanto” nella mente del lettore) non solo è importante, è lo scopo dei contenuti stessi.
    E negare il loro scopo, vorrebbe dire negare i contenuti stessi.
    Insomma, non si può semplificare nemmeno sotto quel versante. È davvero complesso.

  • Marco, sulla prima questione: non starei a credere alle dichiarazioni intenzionali di poetica di nessuno scrittore. Altrimenti saremmo all’algebra artistica o al recapito del messaggio attraverso un postino cartaceo.
    Quanto alla seconda questione, forse è possibile risolvere in modo nominale: contenuti umanistici (compresi quelli scientifici: cioè appartenenti a un contesto che è quello dell’uomo umanistico) e contenuti neoumanistici o semplicemente interattivi o, a volte, meramente narcisistici o, addirittura, antiumanistici. 🙂

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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