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Fidarsi dei “termini di servizio”

Eff riporta una cronologia dei cambiamenti nelle regole sulla privacy di Facebook. Mostrava tempo fa la durezza delle regole Apple per chi vuole distribuire applicazioni sull’App Store. Ning cambia improvvisamente politica e impone un pagamento per l’uso dei suoi minisocialnetwork. E poi c’è la storia – tutta da leggere e valutare – di Totlol e Google.

Dobbiamo abituarci a pensare che se le piattaforme più rilevanti del pianeta digitale sono private, dovranno sempre mediare tra la necessità cogente di fare i loro interessi e la visione lungimirante di comprendere come servire al meglio gli utenti.

E’ chiaro a tutti, persino ai gestori di quelle piattaforme, che il valore dei loro prodotti è generato dalle persone che le usano. Se trattano troppo male le persone, queste se ne vanno e le piattaforme perdono valore. Ma se non possono andarsene troppo facilmente, se hanno investito molto su quelle piattaforme, se vedono che tutti i loro amici sono su quelle piattaforme, allora i gestori delle piattaforme possono cedere ai propri interessi a scapito di quelli degli utenti. E’ un’evoluzione possibile e in qualche caso prevedibile.

Si può fare qualcosa? Fino a che internet sarà libera e neutrale, nasceranno sempre nuove proposte che dovranno presentarsi come vantaggiose per farsi adottare e dunque miglioreranno la situazione, tenendo a bada la sete di controllo e profitto delle piattaforme private esistenti. E questa dinamica continuerà. La rete si autodifende se è aperta.

Ma non basta. La logica dei “commons” dovrebbe estendersi almeno un po’ anche al settore delle piattaforme. Alcune sono già così. Ma nei social network c’è ancora poco. E i profili o le identità che contano tendono a diventare sempre più legate a piattaforme private. Sarebbe meglio equilibrare l’ecosistema con servizi “commons” che garantiscano un luogo neutro dove mettere le informazioni che interessano alle persone al sicuro dai cambiamenti dei termini di servizio delle piattaforme private. E’ un progetto piuttosto grande e complesso. Ma va almeno dichiarato.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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