Apocalittici e integrati, sull’iPad non si può essere. Al massimo incuriositi e perplessi. Forse perché in Italia, anche ad avercelo in mano, dell’iPad non si può capire più di tanto, visto che non si possono ancora scaricare le applicazioni. Questo avverrà solo dopo l’uscita del prodotto in Italia. E solo in autunno arriverà il sistema operativo multitasking che dovrebbe dare arricchire l’esperienza in modo decisivo.
iPad: incuriositi e perplessi
Ma una questione sta emergendo comunque. Pierluca Santoro se ne fa portavoce con un bel post pieno di rimandi utilissimi. Al centro della questione è la paura che l’iPad sia un passo indietro nella liberazione del pubblico attivo e rigeneri la situazione preferita dagli editori tradizionali: un ambiente che protegge i prodotti da vendere ai consumatori che passivamente ne fruiscono.
E’ verissimo che l’iPad è un oggetto chiuso, migliore per la fruizione che per la creazione di contenuti. Fa persino venire voglia di leggere di più e soprattutto di guardare più video. Tra l’altro rivitalizza i videopodcast perché almeno all’inizio verrà usato in casa o in altri posti dove c’è il wifi: altrove però potrà essere usato per guardarsi contenuti precedentemente scaricati. L’iPad è una piattaforma orientata a facilitare la fruizione di testi e video, meno decisivo per l’audio, forse molto divertente per i giochi (peraltro, appunto, per ora impossibili da provare dall’Italia). Inoltre il tema delle applicazioni, il vero centro del sistema iPad, riporta in auge i marchi più che i singoli elementi informativi.
Non si vede perché, però, questo debba essere visto come un passo indietro per tutto il resto. Il mondo del web attivo, al quale tutti contribuiamo, non è certo intaccato dall’iPad (che ne costituisce un’alternativa ma non una diretta limitazione). Che anzi può essere un luogo nel quale i testi e i video del pubblico attivo possono essere visti più comodamente. Anche sviluppando applicazioni orientate a questo. Tra l’altro non impedisce il comportamento attivo più frequente: le brevi reazioni a ciò che si incontra navigando e che sono le più comuni si possono comunque gestire bene anche con l’iPad. L’iPad non va bene per produrre video e testi elaborati, ma potrebbe per certi versi dimostrarsi una sorta di stimolo alla produzione di testi e video di qualità anche per il pubblico attivo.
Si vedrà se l’iPad diventerà un luogo nel quale gli editori potranno sviluppare nuovi prodotti a pagamento. Se lo diventerà sarà solo perché gli editori avranno investito per fare prodotti validi, tanto interessanti da trovare un mercato. E non si vede perché questo dovrebbe essere un male: significherebbe che in quel caso l’iPad avrebbe contribuito al miglioramento della qualità complessiva della mediasfera. Senza nulla togliere, appunto, al mondo del web aperto.
Da questo punto di vista è dunque una speranza in più per gli editori, ma niente di peggio per il pubblico attivo. Del resto, non è molto diverso dall’iPhone che ha una logica perfettamente analoga: rispetto all’iPhone ha qualcosa in più per gli editori ma niente di peggio per il pubblico attivo. In sintesi, può essere complessivamente un passo avanti più che un passo indietro. Anche Facebook poteva essere un passo indietro, tenendo tutto il lavoro degli utenti su una piattaforma proprietaria orientata a favorire lo scambio veloce piuttosto che l’approfondimento da parte del pubblico attivo: alla fine anche Facebook ha contribuito ad allargare la platea, ha conquistato tempo mediatico, ma non ha impedito lo sviluppo dell’attività complessiva del pubblico, anzi, forse l’ha accelerato. La forza del medium delle persone è più grande di quella delle singole piattaforme. E internet non cessa di proporre nuove soluzioni aperte che rispondono in sempre nuovi modi al fenomeno generale generato dal pubblico attivo. L’iPad non fa paura.
I veri pericoli per il web aperto non sono nella nascita di alternative o nell’eventuale (e tutto da dimostrare) ritorno di validi contenuti editoriali a pagamento. I pericoli vengono dal continuo allargamento del concetto di copyright, dalle smanie delle compagnie di telecomunicazioni e dagli attacchi alla net neutrality.
Sto usando da qualche giorno l’iPad che mi è stato inviato da amici con diverse app preinstallate in USA.
La mia prima impressione è:
1) un gran bel prodotto per consumare media;
2) sarà principalmente usato in casa e sostituirà il pc o net book per la consultazione di contenuti, della posta, per l’interazione con i social media
3) verrà usato pochissimo per produrre documenti
4) sarà una straordinaria occasione per gli editori che investiranno nel mezzo per offrire contenuti premium a pagamento. In questo poi altri tablet seguiranno….Leggere la mattina i giornali freschi sull’iPad mentre si fa colazione è un vero piacere.
Ovviamente potrò essere smentito dai fatti!
Caro Luca,
Il contenitore, in questo caso più che altri, vista la portata e le potenzialità, determina contenuto, forma e attitudine mentale di proposta/consumo. Mi è dunque parso corretto evidenziare i limiti strutturali del contenitore e le “minacce” potenziali che contiene.
L’esperienza riassunta nel commento di chi mi precede, se non la interpreto male, conforterebbe le tesi “allarmistiche” riportate.
Come sempre, solo i futuri sviluppi e le dinamiche che si attiveranno saranno in grado di confermare o, come spero, smentire i timori.
Un abbraccio.
Pier Luca
certo, ma mi pareva importante sottolineare che il contenitore e il contenuto dell’ipad non modificano il “contenitore” e il contenuto del grande web libero e aperto… dunque non sono pericolosi ma sono un’alternativa… tra l’altro tutta da verificare…