Il presidente Sarkozy dice che l’anno prossimo la Francia investirà 35 miliardi di euro nella ricerca, nel sostegno all’università, nella banda larga. Un articolo sul Wsj cartaceo riporta i numeri. Si legge tra l’altro: 11 miliardi all’educazione superiore, 8 miliardi ai laboratori di ricerca, 2,5 miliardi a progetti nelle biotecnologie e nella cura della salute, 6,5 miliardi per tecnologie di risparmio energetico (auto, navi, aerei più puliti), 2 miliardi nella banda larga in fibra, 2,5 miliardi per la digitalizzazione di libri, film e altri beni culturali.
16/12/2009 08:26
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35 miliardi alla ricerca, in Francia
16/12/2009 08:26
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In Francia non pensano che queste cose si possano fare solo dopo la fine della crisi. Pensano che servano per superare la crisi.
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Beh…io ci starei attento a fare le comparazioni sulla base degli annunci. Questo è un po’ il difetto degli italiani, quello di credere subito che all’estero sia tutto meglio e che la politica funzioni di più.
http://www.youtube.com/watch?v=iyBXfmrVhrk
Il primo grafico del video dice che nel 2005 la Francia spendeva il 2,15% del Pil in ricerca. L’Italia quanto spendeva…?
qualcuno ha letto nel post una comparazione? 🙂
Sarkozy “dice”, e probabilmente farà qualcosa meno. Il problema in Italia – a mio avviso – che simili cose non vengono nemmeno pensate. E intanto continuiamo a fare passi indietro, mentre gli altri ne fanno qualcuno in avanti. Con perdita di terreno doppia, ovviamente.
E’ pur vero che la Francia non ha il debito pubblico dell’Italia, ma se si hanno pochi quattrini, il problema è come spendere quei pochi. Da noi l’investimento in innovazione e capitale umano non è una priorità.
Ad esempio, mi dicono che i fondi per gli ammortizzatori sociali, presi dai fondi europei (FSE), dovrebbero essere concessi ai lavoratori (giustamente) a fronte di un impegno in corsi di riqualificazione. Pare invece che – in Lombardia, ma mi figuro dalle altre parti – sia le aziende che i sindacati non facciano nulla per attivarsi in tal senso. Così quella che poteva essere una misura per riqualificare la forza lavoro diventa puro assistenzialismo