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Pensiero debole, breve e molle


Dopo il periodo del pensiero debole,
è arrivata l’epoca dell’attenzione breve
nel contesto di una blogosfera molle…

Giuseppe Granieri propone l’idea della “blogosfera molle” italiana, una blogosfera leggera nell’impatto e nei contenuti, più orientata alla chiacchiera da bar che alla discussione sui fatti e le interpretazioni. La proposta di Giuseppe nasceva da un passaggio del resoconto di Sergio Maistrello sul Personal Democracy Forum, dedicato a uno studio di Linkfluence sulla rete dei blog in Europa: che mostra un sistema bloggaro italico poco incline alle analisi politiche ma piuttosto chiuso nelle beghe nazionali, isolato e non orientato all’Europa.

Vincos sottolinea che la blogosfera è molle anche perché si sviluppa nel contesto di un paese che comunque è in generale molle in riferimento alla cultura politica e alla fiducia nella possibilità di una discussione intellettualmente onesta sui temi della politica. Altri hanno commentato o semplicemente citato l’argomento.
È chiaro che il concetto di conversazione in rete suscita interpretazioni e significati diversi. Sulle prime, grazie allo slogan del Cluetrain, è stato liberatorio. Dotato della magnifica bellezza della ribellione. Alimentato dalla cultura costruttiva della discussione all’anglosassone. Rafforzato dall’imbecillità della risposta dei vecchi modi “top-down” di fare comunicazione, marketing e informazione. Poi però si è strutturata. E come si diceva al Wommi, oggi va pensata. 
Fa bene Giuseppe a porre il tema e a lanciare un bel titolo. Dal pensiero debole di qualche decennio fa, si è passati al racconto breve di Twitter che ha più o meno senso nei contesti in cui la blogosfera è più o meno molle.
Ma pensare – senza ammorbarci – sul nuovo medium delle persone che è nato e si sta sviluppando non significa soltanto comprenderlo nel contesto della cultura italica (va da se che la nostra blogosfera è riflesso della cultura e della politica locali; orientata ai piccoli feudi e alle faide tra piccoli comuni; questo non stupisce). 
C’è anche un altro lavoro da compiere: poiché qualunque lavoro di rete è comprensibile più con la teoria della complessità che con i modelli lineari, è chiaro che si tratta di capire quali sono i meccanismi incentivanti che portano la blogosfera italiana verso la leggerezza dell’ironia e lo scambio di brevi battute piuttosto che verso la discussione approfondita e la ricerca in comune basata sui fatti. I blog non sono solo una critica del vecchio e non sono condannati a essere soltanto un riflesso della società locale: possono essere un motivo di miglioramento e innovazione. Ogni persona ha la sua forza e la sua motivazione. Ma il contesto di rete lo incentiva e aiuta ad andare in una direzione o in un’altra. 
Come progettare un sistema che incentivi nella direzione della costruttività delle conversazioni? Non è facile rispondere. In base alla storia degli italiani vediamo che in questo popolo – e probabilmente non solo in questo – le persone che si sentono più o meno alla pari mettono in comune il loro impegno quando il risultato dell’azione è percepito come vantaggioso per tutti più o meno allo stesso modo. Se vedono che alla fine di un lavoro in comune si avvantaggia soltanto una parte o una persona, prima o poi reagiscono o finiscono col partecipare con “mollezza”. Vale la pena di riflettere su questo punto: esistono luoghi della rete che non siano tali da aggregare l’impegno di molti ma anche di avvantaggiare soltanto pochi? Una discussione raccolta su un aggregatore proprietario e commercialmente attivo è una conversazione costruttiva ma avvantaggia più il possessore della piattaforma di quanto non avvantaggi chiunque altro. Questo avviene, in modi diversi, su qualunque situazione che comprenda una classifica e una remunerazione (monetaria o simbolica). Ma è anche vero che l’aspetto ludico della conversazione è parte integrante del suo possibile successo. Ne deriva che – a parte le fiammate che qui e là avvengono con successo – la rete può sviluppare una sua capacità di incidere meno mollemente in Italia soprattutto se trova il modo di sviluppare conversazioni che appaiano chiaramente, istituzionalmente orientate ad avvantaggiare tutti i partecipanti, e nello stesso tempo siano divertenti. 
È un problema di progettazione. Che vale la pena di porsi. Se vogliamo aggiungere al pensiero debole e alla blogosfera molle anche risultati forti. Imho.

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  • Caro Luca,
    Una distinzione ed una precisazione. Distinguerei i blog a contenuto professionale dagli altri separandoli x differenza di obiettivi. Quelli professionali sono tutti “corporate blog”: blog tenuti per emergere a livello individuale, non sorprenda dunque individualismo e quant’altro. I commenti nei blog sono prevalentente di natura promozionale; commento x lasciare traccia del mio blog.
    Dai noi si commenta il fatto e di esprimono opinioni su ricerca anglosassone non sulla ns realtà a causa di una carenza di qualità [ne parlo domani] e quantità delle ricerche disponibili.
    Dovendo scegliere una ipotesi propenderei per quella suggerita da Vincenzo Cosenza.
    Un abbraccio
    Pier Luca
    PS: Coerentemente con quanto affermato ho deciso di non inserire il riferimento al blog che curo 🙂

  • Caro Luca,
    gli strumenti, come dici tu, sono importanti. Ed è vero pure che contano moltissimo le persone che li usano, ma anche il design dei sistemi in sè.
    Ripetuto quello che hai detto tu, mi sembra, in questo senso, che FF e FB siano strumenti troppo potenti, troppo aggreganti, troppo aperti ad ogni tipo di conversazione.
    Il commentare ogni cosa, il principio del like, il fatto che entrambi siano pubblicizzati ai miei contatti, aumentano esponenzialmente l’informazione disponibile. Sono troppo aperti, troppo rumorosi. Io non vorrei sapere tutto quello che fa una persona, ma solo le cose che mi interessano. Su FB è quasi maleducato non avere come amico una persona che conosci, ma di cui non sei interessato alla vita online (perchè dai SN cerchi informazione e non cazzeggio, perchè avete interessi molto diversi, diverse esperienze, diverse competenze in campo informatico). Su FF, non è quasi possibile filtrare. Si riceve informazioni da chiunque per qualcunque cosa, non è possibile o comunque non è comodo utilizzare gli hide, togliere sottoscrizioni non aiuta più di tanto. Non vi è modo di selezionare solo ciò a cui siamo interessati. In entrambi, è troppo *facile* la deriva al cazzeggio, questo è il punto.
    I blog, diversamente, sono più statici e aiutano di più la meditazione e la concentrazione, in tutti i sensi.
    Dunque, sembra, avere degli strumenti con limiti piuttosto evidenti può servire a focalizzare.
    Ogni comportamento complesso, emergente che conosciamo è scontro fra ordine e disordine; forse noi ci stiamo concentrando più sul togliere limiti ch enel mettere delle guide…

  • Caro Luca,
    concordo con te sul fatto che Giuseppe Granieri ha fatto una provocazione intelligente con un bel titolo. Non sono d’accordo su molte delle cose che dice ma è in questo modo che si genera innovazione, crescita e consapevolezza. A mio parere, il post stesso sulla “blogosfera molle” sottolinea l’importanza della dimensione personale di un blog. E’ l’esperienza, il giudizio e la dimensione di chi lo crea che ne determinano il valore stesso. Se si parte dall’assunto che la blogosfera sia un universo sufficientemente standardizzato, anche secondo logiche molto italiche, a mio parere non si va molto avanti. Leggo molti blog di persone con molte cose da dire, spesso intelligenti, spessissimo molto diverse tra loro. Non capita molto spesso. E’ vero, certe volte la contrapposizione politica a tutti i costi prende il sopravvento ma il blog rimane, per sua natura, un luogo di riflessione e confronto argomentato. Per questo, diversamente da altri, perseguo la massima condivisione delle idee, anche in una logica individualista (che non ritengo per niente negativa). Per questo, ti segnalo il mio blog: http://liberononprofessionista.blogspot.com. A breve, ci sarà un post sull’argomento, tutt’altro che molle.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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