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Informazione, politica, democrazia. E la rete

Si parla a Frattocchie 2.0, a Pesaro, di informazione, politica, democrazia e rete. Con il coordinamento di Marino Sinibaldi. Sinibaldi, lancia la discussione alludendo a una possibile contrapposizione tra blogosfera e media tradizionali. E domanda agli intervenuti come la vedono. (Ecco gli appunti presi al volo).

Alessandro Gilioli: l’emergenza dell’informazione dipende dal conformismo dell’informazione. I blogger hanno la possibilità di portare il loro contributo di diversità dell’informazione. Non ci sono regole da dare a chi vuole far partire un nuovo blog: il conformismo dell’informazione è un’opportunità enorme per i blogger, soprattutto per chi scrive in modo autentico, in quanto anche quando scrive è se stesso. Non è necessario pensare alla validità dei blog solo pensando al compito di dare notizie, magari che non escono altrove; il citizen journalism e il giornalismo tradizionale devono crescere insieme (la contrapposizione ha fatto bene a far scendere un po’ di giornalisti dai loro troni, ma ora non è più attuale, la convergenza è sempre più assodata); quello che conta, per la crescita della società civile, è partecipare con idee, commenti, riferimenti, richiami, mantenendo un ritmo di pubblicazione frequente, tendenzialmente quotidiano.

Paola Concia: dal 1994 a oggi, il lavoro della Camera è cambiato profondamente, in termini di apertura e accessibilità dell’informazione. Su quello che fanno i deputati, i gruppi parlamentari, le commissioni… E questo si deve alla rete, prima di tutto. La rete è uno straordinario strumento di trasparenza, di accesso alla conoscenza, di controinformazione. Chi è interessato a sapere che cosa faccio può trovare tutto quello che succede. Anche se i media nazionali non seguono quello che mi accade o quello che faccio. Non potrei stare nella Camera senza il mio computer. Il problema grande oggi è che l’informazione è nascosta: c’è bisogno di raccontare un’altra storia. I mass media non fanno da cassa di risonanza di tutto, solo di qualcosa. Mentre nascondono altro. Le storie delle donne per esempio non sono raccontate: le donne “di potere” non ci sono sui mass media quando le donne “del potere”.
Matteo Orfini: sono stato più diligente, scrivo meno. Non sono un sostenitore della rivoluzione informatica. Blog e giornali non sono momenti distinti, lo sono ma sempre meno. L’autonomia della blogosfera è stata fagocitata dall’informazione giornalistica tradizionale. I giornalisti fanno blog e i blogger citano e si riferiscono continuamente ai giornali. Ma avviene anche che i vizi del giornalismo tradizionale si stanno ripresentando anche nella blogosfera. E’ sempre meno una cosa diversa. Ovviamente, in un momento in cui c’è un attacco alla libertà di informazione bisogna sostenere tutto ciò che aiuta. Quali sono i motivi di difficoltà? C’è un problema di maturità del sistema nel suo complesso. Siamo in un paese in cui la vita è scandita da intercettazioni, spesso illegali, pubblicate a amplificate dai media. Ci dobbiamo interrogare su queste cose. Del resto, ci dobbiamo interrogare sul narcisismo del blogger, sull’isolamento della persona che sta sola davanti al computer: la notte bianca per le strade è meglio della notte bianca sul blog. A parte che ogni aumento dello spazio pubblico è positivo, quello che dobbiamo fare è non rendere inutile l’aumento dello spazio pubblico generato dal web.
(E vabbè.)
Pulsatilla: il narcisismo non è una cosa sentimentale, è molto una vetrina. Il blog nasce come un blog sui cavoli miei. Poi è diventato un’altra cosa. Sono d’accordo con Matteo e non con Gilioli. Tutti abbiamo uno speakers corner. Ma uno speakers corner ha senso se ce n’è uno. Se tutti ne hanno uno si crea confusione e disorientamento. Per me è stato il lancio di una carriera di scrittrice, grazie al fortunato incontro con l’editore Castelvecchi. La rete è fantastica per uno scrittore, perché la gente ti dice “questo fa ridere, questo fa piangere, questo fa schifo”. Ma non è che tutto ciò che viene pubblicato sia positivo. Non è che esprimersi sia un bene in se. Se esprimi monnezza è monnezza. Ma non c’è differenza tra blog e libri, su questo. Ci sono libri e blog veri e libri e blog finti. Imparare a scrivere se hai qualcosa da dire che ha senso. E imparare a non scrivere se non hai niente da dire.
(Garbage in garbage out, yes. Ma lo speakers corner è uno: la rete. O meglio: ciascuna persona parla quanto vuole, le piattaforme che aiutano gli altri ad ascoltarle sono un numero più limitato; la rete è l’abilitatore dell’insieme)
Loredana Lipperini: cito Jenkins, cultura convergente. I blog lanciano e i media tradizionali amplificano. E questo va compreso. Perché mai come oggi c’è bisogno di un racconto diverso: ed è chiaro che i blog possono agire sull’immaginario. Si parla in prima persona, sui blog. Ma tutto va fatto in modo professionale, cioè sapendo che quello che si scrive è destinato a restare. Va inoltre compreso che i blog sono rete. Un gran numero di blog italiani adulti sono fatti da mamme, che si mettono in contatto e sviluppano rete sociale. Questo conta di più di ogni altra cosa. La rete non è il fine ultimo, per esempio, non è il sistema per vendere più libri: i libri più letti su Anobii non sono i libri più venduti in libreria.
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Intanto su questo blog:
Poiché i commenti a questo blog ne sono spesso la parte più interessante, 
vale la pena tener d’occhio le discussioni ancora aperte nate intorno a post precedenti: 

Il capo dei libri della Mondadori parla del futuro dei libri e della “minaccia” internettiana
Il Noi di Veltroni
Il browser di Google stenta a sfondare

Idee profonde di Stefano Rodotà e Fausto Colombo

Come cambia la sostanza del lavoro dei sondaggisti

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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