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Crisi dell’Economia

L’Economist discute un aspetto della crisi economica in corso: la crisi della scienza economica. La crisi di credibilità degli economisti. Dice l’accusa: non hanno previsto la crisi, hanno contribuito a generarla, non sanno curarla.

Il servizio è magnifico. Ci sono tutte le notizie sugli economisti che pur avevano espresso le loro perplessità. Ma c’è l’ammissione che di fatto quello che dalle idee economiche arrivava agli operatori, all’opinione pubblica, alla politica, fosse un’approvazione delle pratiche finanziarie che poi avrebbero causato la crisi. Sulla scorta della convinzione secondo la quale il mercato avrebbe aggiustato tutto. E si vede come sta aggiustando: senza il soldi dello stato, il mercato avrebbe più o meno chiuso i battenti (almeno in occidente).
Il mercato non è una realtà a se stante. E’ parte delle dinamiche sociali, culturali, antropologiche. Gli economisti hanno vissuto una vita tentando di distinguere il loro settore dal resto della vita sociale. E’ questo, ora, che va corretto. Anche per migliorare la ricerca economica: se si vorranno rilevare segnali deboli in grado di leggere anticipatamente i sintomi dei cambiamenti (pericolosi o positivi), se si vorranno proporre cure sostenibili ai problemi e ricette sostenibili per cogliere le opportunità, se gli economisti vorranno tornare in gioco con credibilità, dovranno necessariamente aprire la loro disciplina (come in moltissimi stanno facendo), abbandonare l’ideologia, tornare a fare i ricercatori. Così dimostreranno che il mercato conduce anche a una “curva di apprendimento” più veloce, per competere: accade anche alle idee… Sarebbe un’innovazione di valore immenso.

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  • Già. la famosa mano invisibile del mercato non è altro che quella che ci mettono nelle tasche per prenderci il portafoglio. Certo la scienza economica è in crisi, ma non solo quella. La scienza è in crisi. Il modello di pensiero della scienza occidentale è in crisi. Basiamo ancora il pensiero scientifico sul positivismo, pur con qualche variante sul tema chiamata scienza dei sistema o complessità. Ma il salto da fare deve andare ben oltre se vogliamo far fronte ad un mondo sempre più imprevedibile dove ogni modello o ideologia non ha più presa. Le crisi, come sempre, sono anche un’opportunità.

  • L’Economist, fra le righe, ha l’onestà di ricordare che un economista come Robert Shiller la crisi l’aveva prevista (eccome!) e suggerito anche correttivi globali in “The new financial order”, libro del 2003, cioè ben cinque anni prima del disastro.
    http://money.cnn.com/2007/04/09/real_estate/shiller.moneymag/index.htm
    Ma, more solito, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, cioè le banche, che rimestavano alla grande nella fanghiglia di subprime e derivati, e le banche centrali (sopratutto BCE, FED e Bank of England) che hanno dato fuoco alle polveri con le loro assurde manovre sui tassi in una gara a chi li aumentava di più.
    http://cannedcat.blogspot.com/2007/10/leuro-guidato-dai-ciechi-della-bce.html
    Però, per onestà bisogna anche dire che l’immondizia finanziaria, molto ben occultata, era tanta già nel 1994, ma nessuno ha mosso un dito, perchè, finchè tutto girava, qualcuno si prendeva i guadagni, tranquillo che la patata bollente sarebbe finita a qualcun altro.
    http://cannedcat.blogspot.com/2008/09/la-peste-del-debito-oscuro.html

  • Luca, concordo, ma riconosci l’autore di questo testo?
    “Grillo è solo l’idolo di una piccola minoranza che si sente il centro buono del mondo: la classica malattia dei drogati di Internet che sopravvalutano la Rete, sovrapponendo la vita che scorre lì dentro a quella reale.”
    E’ questo che scrive oggi Gramellini sulla Stampa dandoci dei drogati perché sovrapponiamo… Invece vorrei dirgli che noi aggiungiamo, c’è una bella differenza. http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41

  • Quelli che ora riprovano l’assunto della mano invisibile, sono gli stessi che volevano meno concorrenza prima (politica sotto scacco di interessi protetti).
    Come se la crisi fosse dipesa da una apertura di mercati, quando invece è evidente che venivano invocate paure per mantenere interi settori fuori contendibilità, dando in cambio (piaceri politici) mercati over de counter.
    Nel 2003, Rajan e il nostro Zingales in Saving the Capitalism from the Capitalists aveva esposto con chiarezza la natura dei rischi.
    Ora quello che stupisce sono piuttosto tutte le sorprese su modelli matematici inaffidabili e la deresponsabilizzazione argomentata come imprevedibilità, quando invece dopo la manovra monetaria (spregiudicata ma necessaria) della FED del 2001, i tempi per tenere in mano il cerino si assottigliavano sempre più.

  • Emanuele ha ragione. Quanto a me, mi piacerebbe essere uno di quelli che si prende un bel bonus da Goldman Sachs, in this minute…..
    P.S. Dov’è che lo Stato non è intervenuto, anche in Oriente. Cos’è, è ricominciata la solita propaganda pro-cinese? Basta, oltretutto è demodè.
    P.P.S. In Italia lo Stato non è granch’è intervenuto. Allora siamo virtuosi e fiiiiighiii. Oppure no, perchè dagli ar puzzone.

  • Vincere la CRISI con il Paradigma C.R.I.S.I.
    La CRISI acuisce i problemi ed accelera i processi.
    E’ un potente catalizzatore sociale ed economico dei processi di trasformazione. Puo’ ridisegnare economie e mercati, ridefinire lo status internazionale ed il peso di interi continenti, introdurre comportamenti sociali ed individuali nuovi ed inattesi.
    In linea con il suo significato originale, la CRISI determina una “rottura, scelta, separazione, giudizio”.
    Gli effetti della CRISI in atto investono sia la sfera economica che quella sociale, le strategie ed i progetti aziendali, le ambizioni individuali, il senso di solidità economica e quello piu’ psicologico di sicurezza e certezza nel futuro che ciascun individuo ed imprenditore cerca costantemente.
    Nulla rimane come era prima della “rottura” determinata dalla CRISI.
    Come in un processo evolutivo fatto di “salti” e discontinuità, solo chi è in grado di fare il “salto” oltre la voragine determinata dalla CRISI è deputato a passare al girone successivo.
    Per sopravvivere alla CRISI, dal punto di vista Aziendale ed Imprenditoriale deve essere avviata quella fase chiamata di “creatività distruttiva” capace di “forzare la ponderazione del daily business”, nonché, di rimettere in discussione strategie, posizionamento, struttura e competenze, ovvero, ogni singolo elemento chiave per il successo aziendale.
    La CRISI per quanto profonda possa essere si puo’ battere in primo luogo maturando la consapevolezza che l’Azienda si trova “nuovamente” al suo punto di partenza, al punto zero, con le medesime sfide e scelte richieste nel momento in cui è emersa e si è affermata sul mercato.
    A tal fine, è utile ricorrere al paradigma C.R.I.S.I. per battere la Crisi.
    C.ombattimento
    Non si puo’ immaginare di vincere l’attuale crisi semplicemente attendendo che passi: è necessario combattere e non rassegnarsi all’inevitabile. La guerra si combatte avendo a disposizione “dispositivi di protezione” e armi di “offesa”. Bando agli atteggiamenti di attesa. Occorre agire, occorrono “scelte” coraggiose occorre vincere le “sfide”. E’ necessario ripensare la propria “armata” e le proprie “armi”.
    “L’Armata” deve sapere di essere in guerra affinché si “attrezzi” di conseguenza.
    Questo è uno dei problemi piu’ gravi di comunicazione che l’Azienda puo’ trovarsi ad affrontare, ovvero, riuscire a comunicare alle proprie risorse interne il fatto che “si è in guerra” e che la guerra puo’ avere solo due esiti: si vince o si perde.
    Per vincere sarà necessario da parte di TUTTI sacrificio, spirito di abnegazione, e convinzione nella giustezza della causa per la quale si sta combattendo.
    R.innovamento
    Non si puo’ immaginare di vincere la CRISI senza “modifiche” senza “rinnovamento” nel pensiero Aziendale: la crisi non deve esser interpretata come un evento esterno irreversibile da cui dipende il futuro dell’Azienda; l’Azienda per sua stessa natura è un “sistema aperto” che interagisce con l’ambiente esterno nel quale trova lo “spazio” in cui collocarsi e le ragioni della sua stessa esistenza. E’ l’Azienda che decide dove e come posizionarsi, come capitalizzare le proprie “competenze”, come e su cosa investire, come approcciare il “nuovo” mercato ridisegnato dalla crisi.
    I.mpegno I.ncessante
    In Guerra non ci sono pause, non c’è il weekend, non esistono le vacanze, si è allerta anche durante la notte. Come possiamo pretendere di “vincere” la crisi mantenendo i medesimi “ritmi” del periodo pre-crisi? Sarebbe pericoloso “riproporre” gli stessi schemi di “impegno” precedenti.
    Per vincere la crisi è necessario impegno incessante, messo in campo da parte di TUTTE le risorse aziendali, nessuno escluso. E’ fondamentale il contributo “pieno” da parte di tutti.
    S.icurezza
    Il giusto spirito consente alle risorse umane di “vincere” la sfida ed affrontare le “difficoltà” del momento con la fiducia che la battaglia si possa vincere. L’epilogo della battaglia dipenderà anche da quanto ciascuna risorsa saprà esprimere con i fatti la propria certezza interiore nella capacità di superare la crisi con successo e consolidare le proprie competenze. Tale condizione interiore rappresenterà il motore capace di trasmettere sicurezza e fiducia nel futuro all’interno ed all’esterno dell’Organizzazione.
    I.niziativa
    Lo spirito d’Iniziativa deve rappresentare il propulsore dell’azienda. Sperimentazione continua e creatività sono stati probabilmente gli ingredienti che hanno consentito all’Azienda di emergere nella sua prima fase di esistenza. La crisi (Rottura, scelta) richiede la “rinascita” dell’Azienda, possibile solo mettendo in campo una intensità in termini di “spirito di iniziativa” simile a quella che aveva permesso all’Azienda di emergere e di affermarsi come ”nuovo” soggetto economico di mercato.
    Le Aziende devono quindi riscoprire il DNA perduto, ovvero, re-interpretare quelle peculiarità che avevano consentito all’Impresa di emergere ed affermarsi.
    Come nell’Apocalisse, il “Cavaliere Crisi” sta già bussando alle porte delle Aziende italiane: il “giudizio” è in atto. E’ tempo di “scegliere” ed “agire”.
    Solo applicando il paradigma C.R.I.S.I. le “Aziende” potranno nutrire “concrete possibilità” di riuscire a “vincere” la CRISI.
    Ermanno Delia

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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