Dice Baricco: il teatro pagato con soldi pubblici non raggiunge gli obiettivi per i quali era stato pensato (accesso alla cultura, salvaguardia del patrimonio culturale, democrazia). E quindi? Dice di spostare investimenti sulla scuola: può essere sensato se si pensa a progetti eccellenti. Ma dice, in aggiunta, che si possono spostare investimenti sulla televisione… Su questo non sono d’accordo. Il servizio pubblico è già finanziato, può già fare una politica culturale.
Cambiare il modello può essere necessario: ma solo se lo si fa con una buona dose di pensiero. Non privatizzando come viene. Lasciare i teatri pubblici ai privati può andar bene, se i privati si obbligano a fare teatro per il pubblico e non pubblicità. Se rischiano e fanno cultura ben venga. Se fanno solo eventi pseudo-televisivi in teatro, con spot tra un atto e l’altro, direi che si perde valore culturale.
E infine: le comunità possono esprimersi anche attraverso modelli cooperativi e solidaristici. Perché escludere – come sembra pensare Baricco – le fondazioni, le cooperative, il non profit dal ragionamento? Non siamo più in un’epoca in cui c’è solo l’alternativa tra stato e mercato. (E meno male visto che entrambi non cessano di dare pessima prova di sè…)
Ciao Luca. Ho detto la mia qui.