È partito il nuovo master in “Big Data Analytics & Social Mining” a Pisa. Parte con una consapevolezza della necessità di avviare lo sviluppo di professionalità per ruoli da “data scientist” che hanno bisogno di conoscenze tecniche profonde e raffinate capacità narrative. Sul sito di SoBigData i documenti che motivano la convinzione di quante opportunità si stiano aprendo in questo settore di attività e di come un master può contribuire a coglierle.
Al via il master in “Big Data Analytics & Social Mining”
Il corso, diretto dal professor Dino Pedreschi, è nato dalla collaborazione tra Università di Pisa e CNRAl via il nuovo master in “Big Data Analytics & Social Mining”, il corso nato dalla collaborazione tra l’Università di Pisa e il CNR che mira a formare la figura professionale del “data scientist”. (…)
Tra le primissime e più innovative iniziative del genere nel panorama universitario italiano, il master in “Big Data Analytics & Social Mining” è rivolto ai laureati magistrali in qualunque disciplina e mira a formare la figura professionale del “data scientist”, che “The Economist” ha definito la più interessante del XXI secolo. Lo scienziato dei dati deve avere almeno tre competenze specifiche. La prima è sapere gestire, acquisire, organizzare ed elaborare dati. La seconda è sapere come estrarre conoscenza dai dati. La terza capacità è lo storytelling, il sapere comunicare a tutti, con diverse forme di rappresentazione, le storie suggerite dai dati. Il “data scientist” è insomma una figura emergente e preziosa che unisce le competenze dell’informatico, dello statistico e del narratore, al fine di estrarre le pepite d’oro nascoste sotto le montagne dei Big Data. Il tutto entro una forte dimensione etica, perché un uso distorto dei Big data può porre a rischio la nostra libertà e i nostri diritti.
Ed ecco alcuni appunti da SoBigData sulle opportunità del settore:
Secondo le previsioni di un recente rapporto (Framing a European Partnership for a Big Data Value Ecosystem), “l’Europa ha la chance di sfruttare il mercato in rapida espansione dei Big Data in modo da svolgere, entro il 2020, un ruolo di primo piano nel mercato globale della creazione di valore dai Big Data. [ … ] Entro la fine del decennio, il business dei dati sarà diventato un settore chiave in Europa per lo sviluppo di prodotti e servizi basati sui dati stessi, sull’analisi dei dati, e sulle conoscenze acquisite attraverso l’analisi dei dati. Applicazioni data-driven aiuteranno le aziende a progettare prodotti migliori, a migliorare i loro business plan, e a creare nuovi modelli di business. I Big Data aiuteranno i governi ad attuare politiche più efficaci e le persone a migliorare la qualità della loro vita. Tutti quanti ci fideremo delle applicazioni data-driven e le useremo continuamente.”
Insomma, l’idea dei Big Data sta sbocciando insieme con la speranza di sfruttare le conoscenze che questi dati nascondono per risolvere i problemi fondamentali della società e dell’economia. Vi è, tuttavia, un ostacolo formidabile alla realizzazione di questo sogno: trasformare vasti oceani di dati disordinati in conoscenza è un compito estremamente difficile e, purtroppo, il numero di professionisti qualificati in grado di affrontare la sfida è assolutamente insufficiente. Tutti gli osservatori concordano che l’abbondanza di Big Data coesiste con la profonda scarsità di data scientist, la figura professionale emergente e preziosa che unisce “le competenze di informatico, statistico e narratore per estrarre le pepite d’oro nascoste sotto montagne di dati”; il mestiere che The Economist definisce “the sexiest job of the 21st century” (Data, data everywhere).
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