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Un commento su un recente caso di diffamazione a mezzo stampa

Ho sentito spiegare le reazioni della maggior parte della stampa italiana alla condanna definitiva dell’ex direttore di Libero da una persona che se vorrà si paleserà nei commenti. Il suo pensiero fa riflettere.

Il fatto è noto. Il giornale Libero ha scritto di un caso giudiziario e inserito in un articolo una frase giudicata diffamatoria. Inutile ripercorrere tutta la storia. Al centro c’è quella frase dell’articolo. L’affermazione secondo la quale il magistrato avrebbe costretto la ragazza ad abortire non appare proprio come un’opinione ma piuttosto sembra la registrazione di un fatto: un fatto giudicato falso e diffamatorio.

E allora perché la maggior parte dei commentatori hanno indicato nella condanna alla galera per l’ex direttore di Libero un attentato alla libertà di fare giornalismo?

Molte spiegazioni. Forse più che alle circostanze giudiziarie si è data importanza alla condanna. E di certo se ne esce con l’impressione che un giornalista non possa essere condannato alla galera per qualcosa che ha fatto nello svolgimento del suo lavoro.

Ma allora i giornalisti non possono essere mandati in galera neppure se pubblicano delle intercettazioni telefoniche. Ipotesi che spesso è stata sostenuta dai politici di destra e dai giornalisti che li apprezzano.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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