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«Care more». Seth Godin e il vantaggio di scrivere in inglese

Si parla di fuga di cervelli quando gli stessi se ne vanno dall’Italia insieme al resto del corpo. Ma anche il soft power della cultura anglosassone che attrae i nostri cervelli anche quando i corpi restano in Italia ha le sue conseguenze.

Talvolta quell’attrazione è ben meritata. Altre volte appare piuttosto sovradimensionata. È una considerazione che viene in mente leggendo, per esempio, l’ultimo post di Seth Godin.

Godin prende in considerazione la vita disumanizzata di tante vite lavorative. Sottolinea quanto sia poco credibile, poco efficace, poco empatica la struttura di relazioni di tanti politici, manager e altre persone che appaiono più interessati agli affari loro che al progetto cui partecipano. E suggerisce un antidoto: care more. Qualcosa come: prenditi a cuore le cose delle quali ti occupi, sii più coinvolto di quanto non sia apparentemente necessario, più degli altri. Care.

Non so. Forse è un’impressione. Ma si direbbe che basti esprimerlo in inglese per trasformare questo consiglio, piuttosto vago per la verità, in un pensiero piuttosto profondo. Ma va bene così. Alla fine, è un buon consiglio.

Il menefreghismo non fa la felicità.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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