Quello che conta non è la meta, ma il percorso.
Jack Kerouac non è forse un eroe popolare tra i ragazzi del nuovo millennio, non tanto, almeno, quanto era un mito per i ragazzi della metà del secolo scorso. La libertà oggi non è più lo smontaggio dei vincoli convenzionali tradizionali. E letto oggi, il suo libro del 1951, On the road, non è più così comprensibile. Certo, il suo senso, quello per cui stare sulla strada è l’esperienza fondamentale, quello per cui la meta non è mai definibile e non è mai definitiva, rimane vivo.
Forse oggi la ricerca della libertà non è più soltanto la liberazione dai vincoli tradizionali e dalle narrazioni convenzionali (ce ne sarebbe bisogno vista la qualità della narrazione convenzionale televisiva); ma anche la liberazione dallo schiacciamento su un presente senza prospettive. Vorremmo, e i giovani vorrebbero, un pensiero capace di tenere insieme la sperimentazione e i risultati, la ricerca e la soddisfazione, la credibile storia da scrivere passo dopo passo. Non certo la definizione della meta, ma almeno la definizione della strada.
In questa epoca post-post-moderna (mi perdonino i filosofi veri), forse potremmo cercare risposte in un libro intitolato: On the roadmap.
Vedi anche:
Dalle macerie alla ricostruzione
Una roadmap per gli italiani
Lo scriva, dott. De Biase. Road + map, ovvero, la strada (che si vorrebbe diritta ma non lo è mai, per la rettificazione che contraddistingue il pensiero occidentale) e la mappa (culturale, che de-finisce, sempre)…ci pensi. Imho
bellissima la citazione iniziale, “quello che conta non è la meta, ma il percorso”.