Home » perplessità » Nucleare? Parliamone, ma sul serio…
perplessità

Nucleare? Parliamone, ma sul serio…

Ci sono delle cose che solo a parlarne scaldano gli animi. Il nucleare è tra queste. In molti, il nucleare fa scattare un segnale d’allarme e un’affermazione: “no, grazie”, o almeno “non nel mio territorio”. D’altra parte, con i tempi che corrono, non mancano quelli che reagiscono in modo uguale e contrario: “sì, assolutamente”.

Ma l’approccio ideologico non porta da nessuna parte: rifiutare il nucleare senza ragionare non è certo il modo per evitare un errore storico; ma imporre una centrale a un territorio senza una discussione razionale provocherà proteste, rischierà di favorire la corruzione, genererà allarme e poca trasparenza nell’informazione. Aumentando i rischi: perché, per esempio, senza trasparenza non ci sarà un’adeguata partecipazione ai piani di evacuazione cui una popolazione con la centrale dovrà allenarsi. Senza trasparenza, poi, qualche addetto agli impianti potrà sempre essere tentato di coprire un incidente, per evitare grane. Insomma, meglio la trasparenza. E la trasparenza si fa parlando dei fatti.

E invece, a giudicare da qualche commento al precedente post, che raccoglieva un po’ di notizie sull’incidente alla centrale nucleare di Fukushima, qualche sostenitore del “sì assolutamente” aggiungerebbe anche: non parliamone neppure. Altrimenti si fa campagna per il referendum.

Su questo non sono d’accordo. Io sono per parlarne. E non mi importa se questo può avere conseguenze sul referendum. Il sistema del quorum ha trasformato il referendum in una battaglia tra i “sì” e i “non voto” (invece che tra i “sì” e i “no”). Quindi parlare di un argomento legato a un referendum è fare campagna per il “io voto” (che viene letto dai “non voto” come “sì”). E’ uno dei tanti labirinti del dibattito pubblico italiano. Che si scioglierebbe solo abbassando o abolendo il quorum. Ma poiché il quorum c’è, l’ambiguità resta: peggio per noi. Perché invece di questa scelta bisogna parlare. Non per il referendum o per la politica: ma per noi che viviamo in questo territorio.

C’è chi difende la strategia nuclearista italiana sostenendo che le centrali sono sicure e osservando che sono strategicamente necessarie per avere il giusto mix di energia (Veronesi sulla Stampa).

La questione della convenienza economica e della necessità strategica è un tema enorme e interessantissimo: se si incentivano le fonti alternative fino a farle diventare davvero convenienti, il nucleare serve meno; se si bloccano gli incentivi, mandando in rovina la filiera solare nascente, il nucleare serve di più; se la Libia va in tilt e aumenta il petrolio, il nucleare serve di più; se c’è pace in Medio Oriente, il nucleare serve di meno; e così via. La questione è strategica, ma la soluzione è complessa. E complessa non vuol dire sbagliata: può essere che alla fine, data quella complessità, la soluzione migliore sia “avere il nucleare è meglio perché non si sa mai”. Purché questo non significhi “bloccare il solare”.

Quanto ai rischi, la questione è meno difficile da affrontare. L’incidente giapponese mostra che i rischi ci sono e negarli è sciocco, ma ogni generazione tecnologica li abbassa. Il che non chiude il discorso. In generale, i rischi maggiori sono quelli legati ai fattori umani, come osserva giustamente Veronesi: i tecnici, i manager, i fornitori, la disciplina della popolazione, la pubblica sicurezza, i servizi antiterrorismo. Il fatto è che questi rischi sono strani: riguardano eventi estremamente gravi ma estremamente rari. E con questo genere di rischi molti convivono: alle pendici del Vesuvio, per esempio. I rischi nucleari, però, sono una scelta di sistema. Un processo di decisione democratico non può che essere tale da coinvolgere chi vive in un territorio e si assume quei rischi. Abbandonare una strada per evitare i rischi è altrettanto sciocco che negarli: e, a questo proposito, vale l’argomento di chi dice che intorno a noi gli altri paesi hanno le centrali, dunque i rischi non li possiamo evitare.

Il punto centrale, secondo me, è come si arriva a decidere di mettere una centrale in un posto. Veneto e Lombardia, guidate attualmente da governi vicini all’attuale governo centrale, rifiutano le centrali nucleari. Che significa? Hanno già fatto un’analisi e visto che non ne hanno bisogno? Non vogliono affrontare una discussione impopolare? Non sono chiamate anche loro a contribuire alla strategia energetica nazionale? Non c’è stata discussione in Veneto e in Lombardia, c’è stato un rifiuto e basta. Che cosa succederebbe se un’azienda fornitrice di energia nucleare volesse comunque costruire? A chi si rivolgerebbe? Dovrebbe andare in un’altra regione? Perché l’altra regione dovrebbe accettare la centrale?

Manca un pezzo al ragionamento sulle centrali. Come si discute la loro localizzazione? Ci sono tre possibili modi:
1. la centrale si impone senza se e senza ma
2. la centrale si discute con un percorso razionale
3. la centrale si discute in modo fazioso e poi si sceglie a caso o in modo irrazionale

Di solito in Italia si opta per la terza possibilità. La prima riesce solo in pochi casi, quando una forza davvero enorme si mette in gioco (l’alta velocità può essere stata un esempio?). La seconda è piuttosto rara: si direbbe che un esempio sia stato il passante di Mestre. Ma perché non possiamo migliorare?

Se volessimo migliorare potremmo inventare un sistema decisionale razionale. Del tipo. A quali condizioni una popolazione accetta il rischio di una nuova centrale nucleare? In cambio di investimenti? In cambio di un sostegno fiscale ai consumi? Se si fanno investimenti, in quali settori vuole crescere il territorio? Ricerca, infrastrutture, nascita di nuove imprese… Sarebbe un percorso interessante per ogni scelta che riguardi il destino di un territorio che gestisce le sue scarse risorse pubbliche, compreso quando si decide di lasciar aprire un nuovo centro commerciale o quando si riconverte un’area industriale o quando si fa un aeroporto… Non si tratta di fare un’assemblea: si tratta di fare un piano di sviluppo e di affinarlo fino a quando è sentito dalla popolazione come proprio.

Il terribile evento che ha colpito il Giappone è una tragedia epocale. L’incidente alla centrale ha rischiato di renderlo ancora più terribile e per questo se n’è parlato tanto. Le decine di migliaia di persone evacuate dalle zone circostanti la centrale colpita si sono aggiunte ai senza tetto determinati dal terremoto e dallo tzunami. Le conseguenze sul dibattito italiano non possono essere taciute: la qualità, la compostezza e la disciplina del popolo giapponese sono un esempio per noi. Il loro dolore è il nostro.

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

  • Il tuo post è lungo e richiede una risposta altrettanto articolata. Per ora noto solo che cadi nella solita trappola logica sulle rinnovabili. Scrivi: “se si incentivano le fonti alternative fino a farle diventare davvero convenienti,”, quelli non sono “incentivi”, sono “sussidi”. Qualunque fonte di energia, anche mettere gente a pedalare alla ciclette attaccata alla dinamo, se la si sussidia abbastanza diventa conveniente. Il fotovltaico veniva pagato cinque volte (cinque volte…) il prezzo di vendita al dettaglio dell’eletricità ! E attanzione, non il costo di produzione, che è ancora la metà: ossia, con i sussidi si tiene in vita una fonte di energia pagandola dieci volte il prezzo di produzione medio di tutte le altre fonti (esluso l’eolico). Non si tratta quindi di “incentivare” una tecnologia finchè non si diffonde abbastanza da costare come le altre: il fotovoltaico non costerà MAI come le altre, almeno fino a che nuove tecnologie, di cui non si vede traccia (no, non è il film sottile) non saranno inventate. E comuqnue ci sarà sempre il problema che di notte il sole non c’è. Prova a incentivarlo, magari non andrà a dormire. E il costo dei sssidi chi li paga ? Quali sono le “esternalità” del fotovoltaico? In Italia, sono dati pubblici, il fotovoltaico costa il doppio che in Germania, appunto perchè i sussidi erano doppi che in Germania. La catena del valore così intasca extra-profitti coperti dallo Stato con prelievi in bolletta. Leggiti la lettera che il preidente della Assolterm, l’associazione dei produttori di pannelli solari (quelli per scaldare l’acqua), un settore devastato dai sussidi al fotovoltaico (ma chissene frega, i posti di lavoro si pesano, non si contano), ha scitto a Jacopo Giberto e pubblicata sul suo (di Jacopo) blog. Per i più pigri, il link è:
    http://jacopogiliberto.blog.ilsole24ore.com/correnti/2011/03/rinnovabili-una-lettera-a-favore-dei-pannelli-solari-ma-quelli-scalda-acqua.html

  • Lombardia e Veneto hanno forse detto “no” (bisogna vedere se è un modo per alzare la posta) ma la legge affida allo stato la scelta. Quindi, se lo Stato decide, le Regioni trattano, non possono negare il permesso.
    Il modo di superare l’effetto NIMBY (che ha pochissimo di razionale, ci sono comitati “No” per le centrali di teleriscaldamento a cippato di legno…) è il solito: premi e punizioni. Se accetti, energia elettrica gratis per tutti per 20 anni. Se non accetti, raddoppio dei prezzi da subito e per sempre.
    Poi discutiamo su dove piazzare le centrali: vicino all’acqua per il raffreddamento (come tutte le centrali, BTW), dove esistono già elettrodotti, in zone meno sismiche e senza vulcani attivi o riattivabili nelle vicinanze. Il lavoro era gà stato fatto negli anni ’70. Non mi risulta che i siti di alora siano inadatti ora: Montalto di Castro, Caorso, etc. A Montalto c’è un bestione a turbogas che non mi risulta dia fastidio ai villeggianti di Capalbio, per esempio.
    La forza dell’Alta Velocità ? Si chiama Lega delle Cooperative. Basta dare una quota del lavoro delle centrali alla Cooperativa dei Muratori di Ravenna e andrà tutto liscio come l’olio.

  • Poi ci ritorno con più calma. Solo un flash per Marco: 1) se nel costo delle fonti fossili che usiamo per produrre energia fossero internalizzate (come sarebbe giusto) tutte le esternalità negative (inqunamento, danni alla salute ecc.) che si portano dietro, la differenza di rendimento con l’eolico (già oggi minima, peraltro) o con il fotovoltaico sarebbe minima. Stessa cosa con i costi nascosti del nucelare. 2) Poi certo, puoi continuare a credere che il mercato dell’energia convenzionale non è ampiamente sussidiato (vedi CIP6), e che non lo è quello del nucleare in tutti i paesi dove questa tecnologia esiste….

  • Finalmente un post equilibrato. Il tema “dirimente”, ai fini della nostra discussione, è quello sui rischi “umani”. Visto che a noi interessa parlare del nucleare in Italia e non in Germania Svezia o altrove, qualcuno si sente sicuro nell’affermare che da noi, anche concedendo (e sono generoso) che tecnicamente ci siano tecnologie sicure (o con affidabilità statisticamente vicina a 1), verrebbero localizzate, costruite e gestite in linea con la best practice? E che se c’è un’emergenza ci si attivi in modo efficiente?

  • il post è lungo e articolato ma non tratta una questione fondamentale ossia le scorie prodotte dal nucleare. Dove le mettiamo? Mare e Africa hanno già dato…

  • ciao grazie a tutti! grazie anche a chi critica dicendo che il post non parla di qualcosa di cui non parla… perché così si parla di più argomenti di quanti una persona sola abbia il tempo di occuparsi… comunque delle scorie si era parlato in passato (http://blog.debiase.com/2010/07/le-scorie-radioattive-italiane.html e http://blog.debiase.com/2009/02/obblighi-nucleari.html) e ora le notizie erano relative all’attaggiamento nei confronti della scelta sulla localizzazione delle centrali… ma mi domando: a parte tutti gli altri argomenti, tutti importantissimi, a nessuno importa di innovare il metodo attraverso il quale la popolazione di un territorio concretamente accetta o rifiuta un impianto nucleare?

  • Vero, c’è poca trasparenza e in ogni dibattito l’informazione fornita è parziale, non verificabile e spesso anche controversa, sopratutto in termini di costi. Queste sono le domande a cui non ho ancora trovato risposte certe.
    1) è vero che il combustibile delle centrali (Uranio) va comunque acquistato all’estero, rendendoci comunque dipendenti e non indipendenti?
    2) E’ vero che non è possibile stipulare alcuna assicurazione sugli impianti?
    3) E’ vero che i costi di costruzione sono in gran parte a carico dello stato o sue controllate?
    4) E’ vero che lo stato si impegna a garantire un prezzo minimo di acquisto dell’energia prodotta dalla centrale? Vale a dire che se tra 5 anni si trovasse un modo più conveniente per produrre energia, comunque lo stato dovrebbe pagare (quindi sovvenzionare) l’energia dall’atomo?
    5) E’ vero che i costi di trasporto e stoccaggio delle scorie sono a carico della collettività?
    6) E’ vero che i costi di smaltimento/dismissione della centrale a fine vita (30 anni?) sono a carico della collettività?
    7) E’ vero che la centrale di caorso, pur spenta da anni, comunque costa in termini di mantenimento e monitoraggio? Quanto?

  • Post interessante anche solo per il fatto che invita ad una discussione su basi razionali.
    Una osservazione sulle rinnovabili. Credo che ci sia un equivoco di fondo che rende il tema delle rinnovabili assolutamente risibile. L’Italia, a differenza di altri paesi, ha deciso di incentivare l’installazione e non la ricerca e l’innovazione. Il risultato e’ che in Italia non esiste alcuna filiera nascente delle rinnovabili. Esistono solo migliaia di piccole aziende, spesso elettricisti ricicliati, che rivendono e/o installano prodotti che al 98% provengono dall’estero. Niente know-how, niente progresso tecnologico; solo il solito mercato da colonizzare a spese del contribuente italiano.

  • Rispondo a qualche domanda, come mi viene:
    1) è vero che il combustibile delle centrali (Uranio) va comunque acquistato all’estero, rendendoci comunque dipendenti e non indipendenti?
    L’uranio c’è anche in Italia, se avessimo voglia di scavarlo (è uno dei metalli più diffusi nella crosta terrestre, a basse concentrazioni però, c’è nel granito, per esempio, c’è sciolto nel’acqua di mare), ma anche se lo importeremo, viene da una tale gamma di Paesi e si presta a stoccaggi che non ci saranno problemi di approvigionamento. E comunque anche le altre materie prime energetiche o i mezzi per sfruttarle le importiamo: i moduli fotovoltaici da Cina e USA, quelli tedeschi costano, i generatri per leolico si fanno con le terre rare che al 90 per cento vengono dalla Cina, il petrolio e il gas si sa da dove vengono.
    2) E’ vero che non è possibile stipulare alcuna assicurazione sugli impianti? Non mi risulta. Suppongo dipenda dal rischio che si vuole assicurare. La Torre di Pisa è assicurata contro la caduta di un meteorite ? Normalmente l’assicurabilità di qualcosa dipende dalla garanzia per il rischio. Anche un cantiere eolico (se ne avessimo uno) all’estero è assicurato dalla SACE, che è dello Stato.
    3) E’ vero che i costi di costruzione sono in gran parte a carico dello stato o sue controllate? Dipende il modello che si sceglie. In finlandia è un corsorzio di consumatori che paga: Negi USA sono le società elettriche private. In Francia Areva ed EDF sono dello Stato, ma anche TotalFinaElf lo è. Anche il fotovoltaico e l’eolico sono a carico dello Satto: i sudssidi servono a garanzia dei prestiti usati per costruire gli impinati: togli la granzaa di prezzo e spariscono i finanzamenti: è successo con l’eolico, finito il ritiro a prezzi fuori mercato dei Cerytificati da parte del GSE (stato), il settore ha rallentato immediatamente.
    4) E’ vero che lo stato si impegna a garantire un prezzo minimo di acquisto dell’energia prodotta dalla centrale? Vale a dire che se tra 5 anni si trovasse un modo più conveniente per produrre energia, comunque lo stato dovrebbe pagare (quindi sovvenzionare) l’energia dall’atomo? E’ uno dei metodi che si possono usare per sussidiare qualcosa. D’altra parte, per il fotovoltaico lo stato si impegna a comprare l’energia per ventanni a dieci volte il suo costo medio. Se oggi ci si dovesse basare solo sul costo di produzione dell’elettricità, si costruirebbero solo centrali a ciclo combinato e cogenerazione a turbogas.
    5) E’ vero che i costi di trasporto e stoccaggio delle scorie sono a carico della collettività? Dove ? Negli Stati Uniti le utility pagano una tariffa per queste cose. Idem in Germania.
    6) E’ vero che i costi di smaltimento/dismissione della centrale a fine vita (30 anni?) sono a carico della collettività? Non c’è una centrale nucleare che duri così poco. Se è ben mantenuta e ben progettata una centrale nucleare è praticamente eterna, come una idroelettrica. E il decommisioning è compreso nei costi di costruzione e gestione, l’opeatore deve accantonare un fondo (il TFR della centrale).
    7) E’ vero che la centrale di caorso, pur spenta da anni, comunque costa in termini di mantenimento e monitoraggio? Quanto?
    Mica solo Caorso, anche Trino, Latina, etc. Questo perchè il decommissioning non è mai stato fatto e perchè le scorie sono in loco, in mancanza del sito nazionale di stoccaggio. La gestione è fatta dalla SOGIN. Basta guardare il loro bilancio e vedi quanto costa.

  • Essendo da anni imnpegnato anche sul fronte delle rinnovabili, oltre che del nucleare (e del resto se per questo) a me interesserebbe innovare il modo in cui una popolazione locale accetta o rifiuta qualunque infrastruttura sul suo territorio. Dalle centrali nucleari alle centrali di teleriscaldamento a cippato, dagli impianti a biogas (PUZZANO !) ai ponti, dai centri commerciali a nuovi quartieri residenziali. Dopo averle viste tutte (anche un vicino che non vuole l’installazione di un pannello solare per l’acqua calda sul tetto di una casa perchè è brutto a vedersi, e il Comune gli andava pure dietro), penso che solo il vecchio sistema premi-punizioni funzioni. Se non vuoi una cosa ne paghi il prezzo, se la vuoi ne guadagni il premio. Il resto non funziona: investimenti ? Mica vanno a tutti, e poi c’è l’invidia per chi ci guadagna (caso fotovoltaico ed eolico); referendum ? Dipende da quanto sei lontano…

  • Ho svolto diverse ricerche per focus.it sulla questione del nucleare in italia. Ho studiato soprattutto le tecnologie a disposizione oggi e domani e la questione delle scorie. Generalmente parlando i problemi attualmente irrisolvibili sono due: l’impatto ambientale dovuto all’acqua necessaria per il raffreddamento e lo smaltimento delle scorie “long term”. Le tecnologie future potrebbero realmente ridurre al minimo entrambi i problemi ma per come stanno le cose oggi e per come rimarranno per almeno i prossimi 10-20 anni il nucleare non e’ una scelta saggia o realmente conveniente e attuabile in Italia. Ad ogni modo, alla luce di cosa sta succedendo adesso in Giappone credo che sia una follia pensare che i rischi del nucleare sono accettabili, specialmente oggi che potremmo puntare su altre forme di energia infinitamente piu’ sicure. La realta’, come purtroppo spesso accade, dappertutto ma soprattutto in Italia, e’ che il nucleare conviene soprattutto a chi ottiene gli appalti per costruire le centrali, che ovviamente comportano investimenti difficilmente quantificabili e comunque molto piu’ elevati rispetto a quelli necessari per impianti basati su altre forme d’energia.

  • Davide, quello che dici non rispecchia verità, mi dispiace. In Italia per installare i 7.4 GW di fotovoltaico che avremo in linea entro fine maggio abbiamo speso circa 40 miliardi di euro (hai letto bene), finanziati con sussidi ventennali che assommano alla fine dei 20 anni a qualcosa come 79 miliardi di euro (circa 3,9 miliardi l’anno, se ci fermassimo ora). A questo devi aggiungere circa 20 miliardi e spingi di acquisto garantito di energia (sempre che l’energia continui a costare 10 centisimi a KW/h). Tutti questi GW produrranno, al lordo del calo dei rendimenti, circa 8,5/8,7 TW/h l’anno, ossia lo stesso di una centrale nucleare di terza generazione da 1,2 GW, del costo, stimato in modo molto pessimistico a 6 miliardi di euro, più un miliardo in vent’anni (esagero) di costi di gestione e combustibile.
    Se stiamo parlando di costi, oggi la fonte più conveniente in Italia è il gas.

  • Quando una fonte energetica consuma più energia. nel suo intero ciclo di vita (Eroei) di quanta ne produca non è una fonte energetica ma un handicap sull’umanità. E il caso del nucleare a fissione (primitivo), con la sua gestione centenaria delle scorie mi pare attualmente questo. Teniamolo a mente.

  • Cn il che mi pare bene che l’Italia abbia un serio presidio nucleare, anche per la sua disastrosa gestione delle scorie e degli impianti del passato. Se non altro, anche, per le 13 centrali che operano vicino ai nostri confini. E un serio presidio nucleare significa un’azienda, grande come l’Enel, che gestisca centrali nucleari, formi ingegneri e tecnici operativi e commissioni ricerche. E gestisca impianti (esistenti) in qualunque parte (non sismica) della grid elettrica europea. Detto fuori dai denti non sono contrario a che Enel gestisca bene impianti esistenti slovacchi, spagnoli o francesi. E non mi scandalizzerei più di tanto per una (una) Caorso. Ma questo non ha a che fare con l’energia, quanto con la sicurezza del Paese.
    Un’Enel, come Eon o Edf, acquisisce competenza nucleare reale solo con la gestione di più impianti. E meglio se fatta bene su multiple tecnologie. Ma tra questo e un ritorno in grande stile su una tecnologia primitiva e a Eroei negativo ce ne corre.

  • Personalmente ritengo che un argomento di tale portata vada affrontato per gradi partendo da una base fondamentale di natura sociologica;viviamo in un paese mentalmente arretrato nei confronti delle “nuove tecnologie”.
    Non viene tollerato il margine di rischio su nessuna nuova iniziativa o attività.Viviamo in un paese dove il luogo comune la fa da padrone senza che ci sia una base ideologica e culturale su cui poter avviare una discussione e il qualunquismo regna sovrano solamente perchè non c’è un’adeguata informazione e,cosa ancora più grave, una disposizione a voler ascoltare ed apprendere.
    Tutto ciò che ruota intorno all’uomo deve essere: veloce,non deve sforzare la mente e soprattutto non deve avvicinarsi al portafogli.
    Sarebbe interessante proporre un sondaggio alla popolazione con una semplice domanda: “Se dico NUCLEARE a cosa pensi?”
    Forse sbaglierò ma ho la convinzione che le risposte si muoverebbero su 3 fronti per almeno il 70% della popolazione: 1.Chernobyl
    2.Bomba atomica 3.Giappone (ma solo per i fatti all’ordine del giorno).
    Solo una minoranza sceglierebbe 1.Energia alternativa 2.Abbattimento dei costi 3.Impatto ambientale etc…
    L’abitudine è partire sempre dal cattivo esempio per arrivare a una decisione e con questo,non ci si muove mai in nessuna direzione.
    A mio modesto parere questa è la chiave di volta prima di qualsiasi discorso economico,politico o scientifico.Senza una base mentale su cui poter creare un percorso finalizzato a un progresso,qualsiasi discorso approderà sempre in un nulla di fatto.
    Purtroppo ritengo il nostro paese un paese per vecchi.

  • “Il punto centrale, secondo me, è come si arriva a decidere di mettere una centrale in un posto.”
    Non ci siamo: il punto centrale è molto prima di arrivare a questo: conviene costruire una centrale nucleare o no?!??! Ho letto commenti interessanti qui sopra, per parlarne davvero seriamente si deve parlare dei pro e contro.

  • Beppe ha in parte ragione sulla primitività. La storia del nucleare civile è ben nota agli specialisti ma assolutamente ignota al 99,99 per cento della popolazione, anche a quella che passa per “ceto medio riflessivo”. Gli attuali reattori derivano da tecnologie militari: i Magnox e derivati inglesi raffreddati a gas e quelli a grafite russi discendono senza grandi modifiche dai reattori per la produzione accelerata di plutonio; i reattori ad acqua leggera (PWR e BWR, questi ultimi sono quelli di Fukushima) derivano dai reattori compatti per i sottomarini, e ne hanno i pregi e i difetti (il peggiore è l’elevata densità di potenza derivante dall’essere appunto compatti, quindi difficili da raffreddare) lo stesso Candu canadese è perfetto per produrre plutonio a favore di uno stato privo di impianti di arricchimento, perchè lavora con u238 e acqua pesante. Paradossalmente gli unici reattori di potenza concepiti dall’inizio per uso civile sono i breeder veloci raffreddati a sodio liquido (ok, la tecnologia dei metalli leggeri liquidi è anch’essa di origini militari, per i reattori dei sottomarini e per gli aerei, si gli aerei..), che però sono in via di estinzione. In realtà sono stati costruiti reattori che permettono di risolvere tutti i problemi legati a quelli di origine militare, non ultimo quello delle scorie, che si producono perchè essendo il combustibile solido, va tolto periodicamente dal nocciolo perchè la fissione dell’uranio produce elementi, in primis lo xenon che è un gas, che ne indeboliscono la struttura (si formano delle bolle). Questo processo però non consente a elementi molto radiottivi di essere bruciati dalla fissione, e quindi vanno separati dal combustibile e stoccati a parte, da qui le scorie. Il famoso (va bè, per gli specialisti e gli appassionati) Molten Salt Reactor di Alvin Weinberg, che ha funzionato per anni a Oak Ridge, usava combustibile liquido (sali fusi di uranio), per cui lo xenon gorgogliava via e gli elementi che formano le scorie bruciavano durante la fissione. Questo permette di usare tutto il combustibile, per cui produce più energia di quella che consuma nel suo ciclo di vita. Inoltre, il Molten Salt Reactor (ma anche molti altri tipi di reattori, se avete qualche ora vi faccio una confererenza colta) può usare plutonio e torio oltre che uranio. Non per nulla l’India sta ristudiando il Molten Salt Reactor, perchè ha montagne di torio.
    Perchè si è seguita la strada dei reattori di derivazione militari? Perchè negli anni ’50 si avviò una corsa al nucleare civile, e i reattori a portata di mano erano quelli. Poi si innescò l’isteresi dell’innovazione: man mano che si procede su di un cammino tecnologico, il costo delle prosecuzione scende mentre quello di un cambio di tecnologia cresce. Succede in mille casi: pensate allo scartamento dei treni.

  • Sono arrivato su questo Blog proprio per caso seguendo un link di un mio amico su FB.
    La discussione è veramente molto ma molto interessante e così dovrebbe essere anche sui nostri media e stampa.
    Come domenica titolava in prima pagina il quotidiano Libero [SCIACALLI NUCLEARI], molte testate hanno realmente trasmesso solo propaganda.
    Nel 1986 votai a favore del nucleare (se si può dire così) e ne sono ancora estremamente convinto.
    Inoltre mi spiace moltissimo come sia finita la questione di Scanzano Ionico, finita così solo per finalità elettorali e non reali, dove ci fu una cavalcata comune fra verdi e colleghi vari di opposizione, contro l’allora governo, favorevole al nucleare ed alla creazione del sito di stoccaggio.
    Grazie a tutti
    MARCO (Bolzano)

  • Il nucleare è morto, è inutile far finta di non vederlo.
    Il nucleare è morto perché è morta la logica che c’è dietro, la logica de “il modello è la realtà, e se la realtà non si adegua al modello, è il modello a vincere”.
    Chi si ricorda le discussioni sul nucleare a inizio anni ’70 sa benissimo che l’eventualità che si verificasse un incidente grave in una centrale nucleare era data per infinitesima. In pratica, impossibile. Se Matusalemme fosse nato allora avrebbe avuto scarsissime probabilità di vederne una.
    Dov’è allora l’errore? Nel considerare i fenomeni indipendenti e moltiplicare le diverse probabilità che si verifichino contemporaneamente. Da qui, la possibilità che si verifichi un incidente di media gravità, che so, una volta ogni 9.000 anni.
    Ma nella realtà i fenomeni non sono indipendenti ma interdipendenti. E il calcolo delle probabilità diventa impossibile.
    Così al posto dell’incidente ogni 9.000 anni abbiamo avuto tre incidenti gravi nell’arco di metà della vita di una persona.
    C’è una certa differenza rispetto alle previsioni degli “esperti”, no?
    Come si fa a non capirlo? Come si fa a non vederlo?
    Nel campo economico è la stessa cosa. Nel pieno della crisi finanziaria, si sono scritte decine di articoli che negavano la gravita della crisi e i suoi riflessi sull’economia reale, perché i numeri dicevano esattamente quello.
    Ora, nel campo della finanzia, un campo lontano dalla vita delle persone, si continuerà a passare da una crisi all’altra perché certi soggetti devono guadagnarci, e gli economisti taceranno complici come hanno sempre fatto.
    Il caso del nucleare, però, è diverso: la gente vuole esprimersi, vuole contare.
    Si racconteranno nuove storielle, prima si blandirà la gente, poi la si ricatterà come si è sempre fatto (o energia a basso costo o la morte per fame!) ma il giochetto questa volta difficilmente potrà riuscire.

  • Mi dispiace Armando, ma non è vero. I tecnici all’inizio degli anni ’70 avevano una percezione corretta del rischio, e da allora l’hanno sempre migliorata. Anzi, l’analisi del rischio tecnologico è nata con l’energia atomica. Se vuoi ti posso segnalare dei trattati tecnici sull’argomento. I tre incidenti di cui parli hanno poco a che fare con il rischio tecnologico: Chernobyl fu una catena di follie operative umane (leggerlo oggi fa venire ancora i brividi); Fukushima ha resistito a un sisma dieci volte più potente dell’evento massimo considerato in sede di progetto e siamo nella situazione in cui siamo perchè i generatori diesel sono finiti sott’acqua (lo tsunami di un sisma di magnitudo 8,9 Richter non era stato previsto); Three Mile Island, alla fine, fu un errore umano, e da allora negli Stati Uniti non si sono avuti altri incidenti, nemmeno minori.
    Tutta la vita è rischio calcolato: quando sali in auto valuti il rischio di incidente. Quando ti butti su una pista da sci valuti il rischio. In Giappone sono crollate dighe (non uno scherzo), esplosi impianti pertrolchimici, eccetera. Se il calcolo del rischio di queste infrastrutture sarà cnsderato accettabile, saranno ricostruite. Lo stesso per le cerali nucleari.
    Poi c’è il rishio percepito, su cui Luca ci ha più volte intrattenuto sottolieneando quanto, per esempio, sulla sicurezza personale, fosse influenzato dalla comunicazione. Ecco, sul nucleare è lo stesso: comunicazione. Ciò che siamo cercando di evitare in questa discssione. Siamo tutti comunicatori, qui, o quasi tutti, ma per una volta smettiamo di fare il mestieraccio. Vuoi cominciare proprio tu?

  • Taleb ha scritto un libro su questo punto, Il Cigno Nero.
    In sintesi, secondo certo modo di pensare, gli eventi molto rari in pratica non possono accadere.
    Infatti non è esatto dire che gli economisti non hanno previsto la crisi finanziaria, semplicemente per loro era impossibile che si verificasse date quelle premesse.
    Non improbabile, impossibile.
    Così come di fatto erano praticamente impossibili incidenti nelle centrali nucleari.
    A me non interessa il perché o il per come degli incidenti. Rilevo solo che sono accaduti con una frequenza che gli scienziati hanno semplicemente escluso.
    Però, come Taleb ha dimostrato nel suo libro, i Cigni Neri non sono affatto rari perché esistono dei rapporti di interdipendenza che non sono noti o calcolabili.
    Non essendo un esperto, e avendo visto che gli esperti sbagliano, semplicemente non mi fido più degli esperti.
    Non voglio convincere nessuno, dico solo che secondo me la gente difficilmente accetterà rassicurazioni dagli stessi esperti che hanno fallito.
    Ormai è così in tutti i campi. La disoccupazione? Non esiste, se non per libera scelta. Come si combatte? Eliminando i diritti dei lavoratori. Non ci credi? Male, perché è scientifico, è tutto scritto qui, e ti sciorinano centinaia di equazioni.
    Io non so interpretare quelle equazioni, ma conosco la storia della scienza e so quante volte si è cercato di gabellare certe posizioni dubbie per vere utilizzando strumenti non alla portata delle persone comuni.
    Poi comunque la crescita economica infinita in ambiente finito, con consumi energetici in aumento esponenziale a me non interessa. Ve la lascio tranquillamente.
    Volete fare le centrali nucleari? E fatele: 100, 1.000, 10.000. La cosa mi lascia del tutto indifferente.

  • Post interessante, e ancor meglio la discussione seguente.
    Il post, però, secondo me è viziato da un inizio non proprio corretto:
    “rifiutare il nucleare senza ragionare non è certo il modo per evitare un errore storico; ma imporre una centrale a un territorio senza una discussione razionale provocherà proteste, ”
    cioè l’errore di chi rifiuta il nucleare è che non ha ragionato, mentre quello di chi spinge per il nucleare è, al massimo, quello di non essersi spiegato bene.
    Non mi pare il massimo, come incipit di una discussione seria ed equilbrata.
    @Marco (o chi ne sa)
    ho sentito più persone affermare che le scorte mondiali di Uranio si esauriranno entro i prossimi 60 anni. Vero? Falso? Fonti?
    grazie mille

  • In generale è falso. L’uranio è parecchio diffuso, ma a basse concentrazioni. Quindi quando si stima quanto durerà bisogna dire anche: a che concentrazione, a che prezzo, con che tecnologie estrattive ? La IAEA nel 2009 dava per un prezzo appena sopra a quello spot di allora riserve assicurate per 80 anni. Tieni presente che la ricreca di fonti di uranio ad alta concentrazione ha avuto tre ondate: una dopo la guerra, una negli anni ’70 con il boom del nucleare civile, e uno dopo il 2007. Quest’ultimo ciclo di esplorazioni è ben lungi dall’ essere terminato. Poi, i dati si riferiscono ad un consumo annuo di circa 68.000 tonnellate, che deriva anche dal fatto che gli attuali reattori sono per la maggior parte vecchi ed inefficienti. Anche i reatttori di tecnologia come quella attuale (ad acqua leggera) possono funzionare in modo più efficiente, quindi usando meglio il combustibile. Se poi si introducono nuove tecnologie e nuovi cicli del combustibile, allora le riserve di materiale durano centinaia di anni. Con i breeder, anche migliaia di anni. Se poi ci mettiamo sul serio ad estrarlo dall’acqua di mare (per filtraggio ionico, per pirolisi usando un reattore nucleare a fornire il calore), si arriva a diversi miliardi di tonnellate.
    La disponibilità di combustibile non è un problema per una scelta nucleare.
    http://www.world-nuclear.org/info/inf75.html
    http://en.wikipedia.org/wiki/Uranium

  • “cioè l’errore di chi rifiuta il nucleare è che non ha ragionato, mentre quello di chi spinge per il nucleare è, al massimo, quello di non essersi spiegato bene.
    Non mi pare il massimo, come incipit di una discussione seria ed equilbrata.”
    Proprio così, fin dalla prima riga si capisce benissimo che chi scrive questo blog è a favore del nucleare.
    Però finge di non avere una posizione, vuole discutere, come Chicco Testa, anche lui arde di sentire le posizioni di chi è a favore e chi è contro, per farsi finalmente una propria idea, il più possibile solida e argomentata.
    E’ il segno dei tempi.
    Decidere ciò che si è già deciso nelle stanze del potere, fingendo però che sia il risultato di un ampio processo democratico e partecipativo.

  • @Marco: grazie mille, molto esauriente.
    @Armando: da ragazzino, mentre giocavo in camera mia, prima di pranzo sentivo mia mamma chiederm “vuoi la bistecca o la svizzera?”. In genere rispondevo “svizzera” ed era quello che mi ritrovavo a tavola.
    Una volta risposi “bistecca” e mia mamma di rimando: “ah, ma io ormai ti ho preparato la svizzera”. Chissà quante altre volte la mia “scelta” non era stata tale.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi