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Qualità, quale qualità…

Non è relativismo assoluto. E’ la globalizzazione che mette in dubbio il senso e soprattutto l’applicazione del concetto di “qualità”.

E’ una domanda centrale. Abbiamo superato la fase storica della quantità di prodotto, forse, nella quale tutto si sacrificava sull’altare del mito della crescita infinita. Ora, se c’è una definizione di progresso che ci possiamo dare non è più legata alla crescita della quantità di prodotto, senza tener conto degli effetti collaterali. La definizione di progresso che ci possiamo dare oggi, epoca della necessità di affrontare le questioni dell’ambiente, dell’identità culturale, della profondità delle relazioni umane, non può che avere a che fare piuttosto con la qualità.

Ma la qualità che cos’è? Nel contesto della globalizzazione, nel quale i confini scompaiono o meglio si moltiplicano, nella quale ogni territorio è “vicino” e si “confronta” con ogni altro, nella quale ogni territorio compete con ogni altro, la qualità non è più facilmente comprensibile, perché appunto dipende dai punti di vista. Questa difficoltà concettuale riesce a difendere ancora il mito della quantità, ma senza soddisfare il bisogno di una narrazione di progresso più chiaramente legata alla qualità.

Non si risolve in un post. Ma con un post si può iniziare a riflettere.

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  • Ti segnalo l’ultimo progetto di Engelbart, http://www.dougengelbart.org/about/vision-highlights.html, dove trovi indicazioni su come essere consapevoli delle nuove possibilità di pensarsi come collettività, e agire in direzione di un accrescimento dell’intelligenza collettiva, avendo come finalità un Progresso condiviso.
    Di mio, come sai, àncoro l’aver cura dei territori anche digitali su cui abitiamo al concetto di Ben-Stare, il benessere e la qualità dell’abitare, qui e ora.
    Abitare per l’uomo vuol dire abitare reti tecnologiche, nel primo passo di adeguamento all’ambiente, nell’ottimizzare i flussi territoriali di energia, materia, informazione. Cose di cui bisognerebbe essere tutti consapevoli (educazione) per ragionare concretamente di qualità.

  • La Commissione sulla Misurazione della performance economica e del progresso sociale (Rapporto Stiglitz), alla riunione di Pittsburg del G20, tutto incentrato su un nuovo modello di crescita sostenibile, va in questa direzione. C’è ancora molto da fare sui metodi di misurazione volti a meglio tenere conto delle dimensioni sociali ed ambientali, ma anche la roadmap annunciata dall’Ocse che prende avvio dal Forum di Istambul proprio per grazie Enrico Giovanni ha lo stesso obiettivo.
    Dall’indice di sviluppo umano (Isu) del 1980, si è arrivati ad un punto molto avanzato di dibattito politico. La fumosa sostenibilità comincia a definirsi. La crisi paradossalmente ha favorito la vivacità. Anche a livello microeconomico si stanno ridefinendo molti standard di rendicontazione non finanziaria. Sia il Global Report Initiative che il Global Compact (Onu) hanno integrato molti set di indicatori che 10 anni fa sarebbero stati esoterici.
    A livello governativo il Wellbeing Framework (Tesoro) sembra esser il modello più avanzato per la valutazione dell’impatto delle politiche economiche.
    L’asimmetria informativa sarà il più forte deterrente. E’ una pessima pratica utilizzare strumenti del genere a puro scopo persuasivo (momento attuale) ma sarebbe anche peggio che non riuscissero ad arrivare nella socialità diffusa.
    Il massimo sarebbe che a forza di utilizzarlo strumentalmente come rendicontazione, sensibilizzassero al punto di creare nuovi portatori consapevoli di interesse.

  • La qualità inizia quando c’è una “buona energia” fin dall’inizio e fino alla fine; perché una buona energia è sinonimo di Qualità.

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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