La tecnologia digitale è il risultato della lunga evoluzione degli strumenti per contare e, fin dal nome si richiama alla soluzione “digitalis” basata appunto sulle dita della mano che fin dall’epoca latina servivano per i calcoli con numeri inferiori a dieci. Anche allora, in quel contesto, le dita non toccavano nulla di materiale ma servivano ad aiutare l’immaginazione dei passaggi matematici. Del resto, grazie alle neuroscienze sappiamo che i movimenti delle dita servono ai neuroni specchio per immaginare le intenzioni degli altri e connettersi empaticamente alle altre persone. Sia nell’elaborazione razionale che nella comunicazione empatica, dunque, “digitale” è ancora e sempre “immateriale”, mentre la ragione è immersa nella relazione e la macchina non è una variabile indipendente dalla complessità della progettualità umana. Per comprendere dove tutto questo ci possa portare si può considerare che dopo l’economia industriale si vede l’avvento dell’economia della conoscenza, nella quale il valore si concentra sull’immateriale. Evidentemente, la tecnologia digitale diventa l’infrastruttura essenziale dell’economia della conoscenza. E l’immaginazione ne diventa l’ambito intellettuale fondamentale: il motore della scienza, dell’arte e della tecnologia, il punto di incontro creativo tra la mano e il pensiero…
Ne parliamo oggi alla Fondazione Golinelli, a Bologna, dove si può visitare la mostra U.MANO (foto).
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