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La città è una ben peculiare piattaforma, peraltro

Si dice da tempo che c’è una sorta di analogia tra l’evoluzione di una piattaforma e quella di una città. Entrambe, in fondo, devono popolarsi attraverso l’offerta di un insieme di servizi che rendano le persone più capaci di esprimersi, connettersi, divertirsi, produrre, elaborare, sedimentare esperienza e conoscenza, comunicare messaggi, creare nuove idee, e così via… Entrambe sono “tecnologie” che collegano le persone, memorizzano conoscenze, aiutano a elaborare decisioni. Ed entrambe hanno successo quando superano se stesse grazie agli utenti che le vivono in modi che vanno oltre le aspettative di chi le ha progettate (vedi anche l’intelligenza delle smart city): diventando ecosistemi vivi, solidi, sostenibili, creativi, dotati di diversità e produttività. Le città e le grandi piattaforme generano sistemi complessi nei quali i fenomeni emergono e non si pianificano…

E’ anche chiaro che, rispetto alla città, una piattaforma può essere progettata in un tempo relativamente breve, da un numero di persone relativamente piccolo e con finalità piuttosto concentrate.

Forse è per questo che la progettazione delle piattaforme cittadine, che attualmente alimenta il concetto di smart city, assume un tale fascino: sembra di poter accelerare l’evoluzione della città e incidere maggiormente sulla sua riprogettazione. Della quale, con ogni evidenza, c’è enorme bisogno.

Questo è vero fino a un certo punto, ovviamente.

Ma la penetrazione di internet nella vita quotidiana, l’impatto evolutivo delle tecnologie digitali viste come estensione delle facoltà cerebrali della connessione, memorizzazione ed elaborazione, non lasceranno la città inalterata. E dunque agire sul cambiamento è molto meglio che subirlo: soprattutto se la popolazione interessata è consapevole delle dinamiche in atto. Ottima dunque l’impostazione di Pordenone, che nel darsi una strategia di “smart city” parte dall’obiettivo chiaro di diventare più “facile” da vivere e avvia il dibattito pubblico in materia prima di prendere impegni di spesa. Molte altre città sono sulla strada di privilegiare il pensiero condiviso all’applicazione di schemi tecnologicamente prestabiliti.

Chissà che non sia una conseguenza costruttiva di qualche aspetto della “spending review”.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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