Nel ricco insieme di argomenti trattati ieri alla SummerSchool di RENA a Matera, vale la pena di osservare il concetto ricorrente di “intelligenza collettiva”. Si tratta di un’idea che circola ovviamente da un pezzo: ci sono varie fonti da Émile Durkheim a H.G. Wells e a Pierre Lévy. All’Mit c’è un centro di ricerca dedicato. Se ne parlava anche in questo blog in chiave di connessione con la democrazia. Di certo si tratta di una nozione in piena evoluzione. E i cui sviluppi sono tutti da comprendere.
Di certo, è una nozione contemporanea. Che non a caso viene fuori adesso, in piena Grande Trasformazione.
Fino agli anni Settanta, il concetto aggregante era probabilmente quello di “massa”. E in particolare si pensava alle masse dei produttori. Erano accomunati dal lavoro alla stessa catena di montaggio. Avevano in un certo senso la stessa agenda, gli stessi interessi, lo stesso comportamento…
Negli ultimi trent’anni si direbbe che la massa dei produttori abbia lasciato il posto centrale nella cultura prevalente alla nozione di “target” riferita ai consumatori. Il focus passa dall’offerta alla domanda, dalla produzione al marketing. I consumatori dello stesso target avevano in un certo senso la stessa agenda, gli stessi interessi, lo stesso comportamento…
Nel quadro dell’intelligenza collettiva, invece, le persone mantengono la propria divesità: sono soggetti che si coordinano in base a un pensiero comune emergente dalle loro interazioni abilitate da nuovi strumenti di comunicazione digitali che estendono le loro capacità cerebrali e, con le loro strutture tecnologiche, influiscono sulle agende, gli interessi, i comportamenti, senza poterli mai omogeneizzare ma inserendo incentivi all’emergere di una forma di collaborazione o, appunto, coordinamento.
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