La diplomazia americana sa usare sia il potere duro che il potere soffice, il softpower: che aveva un centro di aggregazione a Hollywood e che oggi ne ha un altro a Silicon Valley. La sua internet freedom agenda fa parte di questo tema del softpower. La diplomazia americana compie talvolta gesti gesti spettacolari, come l’idea di comprare un gran numero di Kindle per distribuirli nei paesi che ne hanno bisogno (Slate). Ma il suo pragmatismo non teme di imbattersi in contraddizioni. Come quando, in piena campagna per l’internet freedom agenda, non ha provato alcuna timidezza nel mettere a tacere Wikileaks con ogni mezzo. Coinvolgendo nell’azione di contrasto anche Amazon, oltre ad altre compagnie americane e straniere.
È bello che gli Stati Uniti sostengano la libertà di internet. È pratico che la sostengono solo quando non è troppo scomoda. È contraddittorio che, nel quadro della loro politica estera, la chiedano ai paesi autoritari ma non la applichino fino in fondo in politica interna. Qualche volta, per Evgeny Morozov è persino pericolosa (vedi anche Guardian).
La complessità di tutto questo è immensa. Forse l’approccio meno adatto a comprenderne i contorni è quello ideologico. Ma non è che gli altri siano tanto più esplicativi. Più che altro sembra prevalere l’azione sulla strategia.
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