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Ocse: coproduzione di servizi pubblici

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L’Ocse pubblica un volume di teoria e casi sulla coproduzione di servizi pubblici: “Together for Better Public Services: Partnering with Citizens and Civil Society“.

Il concetto potrebbe partire dalla osservazione secondo la quale il valore di moltissimi prodotti e servizi di aziende orientate al profitto è generato dagli utenti che li usano, li trasformano, li migliorano. E dunque perché questo non potrebbe avvenire per i prodotti e servizi pubblici?

Il rapporto dell’Ocse in realtà parte dalla considerazione della fine dell’epoca dell’abbondanza di fondi per i servizi pubblici e dallo studio di come di fronte a questa circostanza si stanno attrezzando alcune pubbliche amministrazioni in giro per il mondo.

Di certo, la crisi della spesa pubblica è un fenomeno generalizzato nell’Occidente. E in Italia ne sappiamo molto. Il rapporto dell’Ocse mostra come in alcuni paesi analizzati – a partire dal Regno Unito – in quasi tutti i settori del servizio pubblico siano state disegnate soluzioni che coinvolgono i cittadini nella produzione dei servizi stessi. In Italia, a leggere lo studio, questo avviene abbondantemente nel servizio sanitario. Per esperienza sappiamo che questo da noi è avvenuto piuttosto “spontaneamente” e senza un vero piano di lavoro. Ma secondo l’Ocse, se ben disegnata, la collaborazione tra le strutture pubbliche e i cittadini nella produzione dei servizi pubblici produce risultati di migliore qualità e minor costo.

A quanto pare sta finendo l’epoca thatcheriana del “value for money” che assimilava il servizio pubblico a una prestazione per la quale i cittadini pagavano con le tasse e potevano pretendere un valore simile a quello offerto dalle aziende. Ora all’Ocse si parla di cooperazione tra pubblico e privato. Non solo perché il pubblico non ce la fa più. Ma anche per migliorare il servizio e ricreare condizioni di partecipazione alla cittadinanza e riformare un tessuto sociale vitale. Stiamo esplorando territori che non sono quelli del vecchio mondo del welfare. E che vale la pena di studiare.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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