Home » informazione » Anso, ieri e domani
informazione

Anso, ieri e domani

Ieri c’è stato un bellissimo convegno dell’Anso sull’evoluzione del mestiere dei giornalisti. C’era da imparare, per la qualità degli – altri – relatori e del pubblico. La consapevolezza emergente mi pare sia questa: di fronte al cambiamento delle condizioni che fanno da contesto allo svolgimento del mestiere, si scopre il senso di una sua rivalutazione solo riportando al galla le qualità di lunga durata che lo rendono utile alla società. In questo senso le tensioni corporative si sciolgono nelle necessità del servizio. 

In fondo, ogni grande cambiamento si attraversa anche pensando una visione prospettica che indichi come se ne uscirà. Ed è chiaro che questa visione ha più a che fare con la lunga durata che con la congiuntura.
Ma è anche vero – verissimo – che il futuro è costruito dalle azioni compiute nel presente. E se la visione può aiutare a guidarle, deve anche aiutare a sciogliere il latente conflitto tra protetti e non protetti, la distanza tra cittadini e professionisti, l’indifferenza tra grandi gruppi e piccoli gruppi. L’incontro dell’Anso con i due grandi direttori, in effetti, può essere un preludio di una maggiore sinergia. 
Di certo, il tema della lunga durata non va confuso con il postulato vagamente platonico dell’esistenza di una sorta di “giornalisticità”: se anche esistesse non potrebbe bastare a descrivere chiaramente ciò che hanno in comune le star del talk-giornalismo televisivo, i timonieri delle grandi testate, i giornalisti d’inchiesta, il corpo delle redazioni in preda al disorientamento, i giovani che tentano di entrare a suon di pezzi pagati male, i giornalisti imprenditori che costruiscono il loro giornale, i cittadini che contribuiscono a modo loro alla generazione e diffusione delle notizie o delle analisi. Le distanze non sono tanto nella tecnologia usata (carta, tv, web, ecc), quanto nel ruolo socio-economico svolto da chi contribuisce all’informazione: differenze di notorietà, influenza, autorevolezza, competenza, esperienza, contratto; ma soprattutto differenze che non sembrano soltanto frutto di un chiaro gioco competitivo… La risposta che questi diversi soggetti possono dare ai tentativi di cogliere le opportunità offerte dalle innovazioni tecnologiche è diversa in base al loro atteggiamento culturale e biografico. Ma ciò non toglie che il risultato emergente dai rivolgimenti attuali sia legato, per quanto attiene ai giornalisti, alla loro capacità di ridefinire ciò che conferisce senso al loro mestiere. Questo li può unire. Ed è probabilmente un atteggiamento metodologico preciso nei confronti della ricerca, critica e diffusione dell’informazione. Sembra astrazione: ma forse il mestiere ritorna a essere sensato se si dà un’epistemologia più consapevole. Perché solo così si può rispondere alle due domande che spesso oggi si pongono: che cosa sanno fare i giornalisti? e perché dovremmo pagarli per farlo? (E perché magari così si riesce anche non eludere una terza domanda: come alimentare le prospettive dei giovani che vorrebbero fare il mestiere del giornalista?)
Complimenti all’Anso per il convegno. Mi scuso per queste chiose tardive e parziali.

Commenta

Clicca qui per inserire un commento

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

Video

Post più letti

Post più condivisi