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Wikileaks e il paradosso della ragion repubblicana

Per una volta hanno ragione i repubblicani americani. Sul tema Wikileaks se la prendono con chi ha fatto uso della piattaforma fondata da Assange per rendere noti dei documenti riservati, non tanto con la piattaforma stessa. E’ giusto così: far trapelare qualcosa di segreto può essere fatto per una giusta causa ma è comunque contro la legge e chi ha commesso il fatto può essere ricercato. Mentre la piattaforma non è colpevole di nulla. E tanto meno lo sono i giornali che hanno pubblicato. (da El Pais).

Per il futuro, poi, il tema sarà sempre meno Assange e sempre più la logica della rete, la logica dei giornali, a definire la possibilità che le notizie vengano date. Mentre se qualcuno le vuole tenere riservate farà bene a pensare a come riuscirci e ad avere la legittimità giusta per far sì che le persone cui affida documenti riservati non si sentano in dovere di farli conoscere. Vale per i governi. E vale per le aziende, quelle che hanno ora più da temere dalla facilità che la rete alimenta di pubblicare. I cittadini, dal canto loro, devono difendere i sistemi di informazione. (Su questo i repubblicani hanno molte meno ragioni: sono i primi a voler processare e condannare Assange; e hanno detto che se Assange fosse processato e assolto perché non ha violato la legge, allora dovrebbe essere cambiata la legge…; se ne parlava qui).

Si possono perseguire le fonti. Non i sistemi di informazione. (A questi, casomai, si deve chiedere di verificare le fonti…).

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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