A quanto pare il diritto d’autore genera situazioni paranoiche non solo nella musica. Alla Fundació Joan Miró di Barcellona ci sono tre addetti a impedire ai visitatori di fare fotografie: ma almeno in genere lo fanno simpaticamente. Però questo può generare conversazioni interessanti.
Dalle quali si scopre per esempio che al Musée d’Orsay le persone che prendono l’audioguida hanno il diritto di ascoltarla da soli. Se raccontano quanto hanno appreso dall’audioguida ad altre persone che ne sono prive vengono redarguite e bloccate. Non si sa bene che cosa rischino, ma a quanto pare, rischiano.
Queste restrizioni sono un vero freno alla diffusione della conoscenza che i musei sono chiamati a sviluppare. Di certo non fonderanno il loro avvenire economico su queste cose. Ma sulla loro capacità di apparire talmente attraenti che le persone non vorranno mancare di visitarli quando passano in città. E per essere attraenti, i loro contenuti devono entrare nella conversazione, nel passaparola e nel “passaimmagine”.
Anche perché altri musei consentiranno ai colori di Miró di viaggiare in rete. E alle notizie sui classici dell’Impressionismo di arrivare alle persone interessate. Quelli del Musée parigino potrebbero non essere i migliori produttori di contenuti per audioguide: anzi, si potrebbe fare un’applicazione che si scarica sull’iPhone e consente di conoscere meglio quello che si vede visitando Orsay o qualunque altro museo… Magari c’è già…
Perfettamente d’accordo. Inoltre ci sarebbe da disquisire sul copyright: quando mai si è visto che non si può leggere – o ripetere – ad alta voce un contenuto prodotto da altri? Per lo stesso prezzo allora non si dovrebbe leggere ad alta voce un libro o non si dovrebbe cantare una canzone, perché potrebbero sentire altri che quel libro o quella canzone non li hanno comprati!
Le regole del marketing sono decisamente in contrasto con la trasmissione della cultura. Il caso che Lei descrive del Museo d’Orsay è eclatante. E lesivo della libertà individuale di ciascuno di poter disporre come meglio crede delle informazioni che riceve. Non dà per niente una bella immagine dell’idea di museo né di chi ci lavora. Così il Museo continuerà ad essere il luogo che conserva e non espone, che mostra ma non vuole spiegare, per molti ma non per tutti, e chi ci lavora continuerà ad essere considerato inopportuno, gretto e ignorante, incapace di apprezzare il senso del suo lavoro, lavoro che dovrebbe essere di accoglienza, e non di mortificazione, dei visitatori.
In effetti la situazione è bizzarra. A Londra si possono fare foto e video al British museum, mentre alla National Gallery è vietato.