Preoccupazioni e trionfalismo si sentono vibrare in giro per l’Italia che si accinge a votare e a valutare l’esito del voto. Qualunque cosa succeda conterà la Costituzione, l’Europa, il Presidente della Repubblica e ovviamente il nuovo Parlamento. Sicuramente questo conterà molto. Ma non conterà più di quanto l’equilibrio costituzionale, internazionale e razionale consentiranno al nuovo Parlamento di contare. Il che è un bene per tutti.
In molti paesi, meno spesso in Italia per la verità, alla proclamazione dell’esito elettorale, i vincitori di solito tentano di dire qualcosa come “saremo il governo di tutti i cittadini”. Ma lo dicono dopo essersi sgozzati con gli avversari per tutta la campagna: questo perché a quel punto ai governanti serve diventare improvvisamente delle figure istituzionali. In Italia questo è talmente poco credibile che in effetti non viene detto spessissimo. Dirlo però farebbe bene a tutti. Perché in quel momento di vittoria sarebbe generoso ricordare e ricordarsi di essere soltanto degli interpreti di un ruolo costituzionale.
Una Costituzione bilanciata è una difesa per le minoranze. Definisce che cos’è la Repubblica, la Cosa di tutti. Che dunque non è solo la Cosa di chi vince. In assenza di una Costituzione ben congegnata, la democrazia elettorale in effetti può condurre alla dittatura della maggioranza. Ma la Repubblica non appartiene alla maggioranza: è di tutti. Questi principi sono messi in discussione quando la maggioranza pensa di avere la legittimità di cambiare la definizione di Repubblica e la Costituzione. E la Costituzione prevede come può essere modificata: è difficile farlo a suon di sola maggioranza, anche se non è impossibile.
È difficile per via della minoranza, che può comunque far sentire la sua voce. È difficile per via dell’Europa che può tentare di impedire a uno stato membro di perdere la via della democrazia costituzionale bilanciata e giusta: il caso dell’Ungheria è emblematico. Ed è difficile anche per via della ragione che impone di non esagerare con i punti di vista unilaterali a chi governa un paese che dipende dall’estero per vivere, forte nelle esportazioni e nelle importazioni, bisognoso di stabilità finanziaria e di credibilità, pieno di diversità al suo interno, con mille città e mille comunità ricche di valori e di problemi differenti. Cercare l’equilibrio è anche una specialità italiana: si può sperare che riesca ancora a funzionare in futuro.
Ci possono essere tensioni. E ci possono essere strategie della tensione, purtroppo. Non è sempre faciile tenere l’equilibrio. Votare a favore dell’Ungheria e contro l’Europa non è un segno di equilibrio. Non è perché il governo ungherese è stato eletto che può essere definito democratico: era stato eletto anche Saddam ai suoi tempi, è stato eletto Putin, sono stati eletti molti autocrati. Le elezioni da sole non bastano a definire legittimo un governo: ci vogliono anche le garanzie costituzionali che fanno in modo che le elezioni siano svolte correttamente, che l’informazione sia libera, che i poteri legislativo, amministrativo e giudiziario siano in equilibrio. Meglio che chi governa faccia proprio questo equilibrio costituzionale, prima di creare squilibri nell’assetto democratico con conseguenze disastrose. IMHO
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