Salvatore, tra le braccia di Oriana
Il suo modo di dire “meraviglia” era un insieme di gioia e stupore che trascinava ogni persona l’ascoltasse in una dimensione del possibile più ampia e più giusta. Salvatore Iaconesi è morto dopo un’epica battaglia con la malattia che lo ha portato anche a testimoniare con il suo corpo e la sua mente l’importanza di un percorso di “cura” che non comprenda soltanto la medicina ma anche la socialità. Oggi, le esperienze di connessione tra la malattia e la narrazione, specialmente nei contesti abilitati dalla tecnologia digitale, si sono moltiplicate. Ma Salvatore Iaconesi ne ha dimostrato pionieristicamente e personalmente l’importanza concreta e energetica. Attraversando quell’esperienza, per anni, è stato meglio e ha fatto stare meglio coloro che hanno incrociato la sua strada.
E questi fortunati si sono moltiplicati nel tempo, mentre Salvatore sviluppava le sue capacità di esploratore tra l’intelligenza artificiale e l’arte. Mai da solo.
Oriana Persico ha dovuto superare un’immensa pena per riuscire a scrivere come è finita la storia infinita del suo compagno di vita e di ricerca. Doveva trovare il tono giusto per dipingere la bellezza di Salvatore negli ultimi giorni. L’ha trovato nei fatti.
Non poteva essere che così. Perché i fatti, le opere, gli scritti, raccontano Salvatore senza bisogno di troppe parole, mostrano la felicità delle sue convinzioni, l’umiltà dei suoi straordinari successi, l’originalità delle sue opere, l’empatia delle sue relazioni. Oriana piange sorridendo, immersa nella meraviglia. E i suoi amici con lei.
Salvatore Iaconesi nel suo post del 25 maggio: Amputazione? Non necessariamente: i possibili limiti della mediologia
Foto della Merveille a “Le Mont-Saint-Michel” by M J M is licensed under CC BY-NC-ND 2.0.
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