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Disunione Europea: dal tracing al fisco

A quanto pare nelle applicazioni per il tracciamento dei cittadini che dovrebbe servire a informare chi sia stato in contatto con una persona contagiosa per il Covid-19, i paesi europei vanno in ordine sparso. Il Regno Unito e la Francia hanno un approccio centralista, con una raccolta di dati dei contatti in un server centrale. Mentre Italia e Germania puntano sulla registrazione a bordo del cellulare e dunque un approccio decentralizzato. (FT). Sembra che la struttura dello stato non riesca a non proiettarsi sulla struttura del tracciamento: Francia e Regno Unito fanno una quota tra un quarto e un terzo del Pil nella loro città principale, Parigi e Londra, mentre Italia e Germania distribuiscono l’attività in una miriade di città e comunque hanno tra cinque e dieci città relativamente grandi.

Per avere un effetto positivo, il tracciamento deve funzionare anche tra stati. E l’interoperabilità delle applicazioni dovrebbe essere un elemento essenziale di questo. Ma non sarà ovvio. L’unico punto di riferimento, finirà per essere il sistema operativo del telefono: Apple e Google stanno costruendo il quadro logico che finirà probabilmente coll’omogeneizzare le applicazioni locali. Anche la Privacy è stata così riorientata, peraltro: nei paesi decentrati è più garantita dalla tecnologia, nei paesi centralisti è più garantita dal potere sovrano.

È interessante notare che la struttura delle reti urbane è più importante, da questo punto di vista, della forma dello stato: una Repubblica come la Francia è più simile a un Regno come quello britannico, di quanto non sia a una Repubblica federale come la Germania o a una Repubblica regionalista come l’Italia.

Sembra più rilevante, la forma dello stato, nell’indurre i paesi a fare concorrenza sleale in materia fiscale. I peggiori nemici dell’Europa unita sono quelli che approfittano della collaborazione di tutti per accaparrarsi unilateralmente ingenti quote di risorse degli altri paesi, abbassando le entrate fiscali complessive dell’Europa pur di attirarne una minima quota nelle loro casse. Olanda, Lussemburgo e Regno Unito sono i peggiori della classe, in questa speciale attività. Certo, non sono i soli paesi in Europa con una corona sulla testa del capo dello stato (non è quella la spiegazione, probabilmente). Comunque, sono quei paesi a ricorrere pesantemente a un vero e proprio dumping fiscale col quale convincono le aziende a stabilire la loro sede e a pagare le tasse sui profitti in paesi nei quali non svolgono certo la loro principale generazione di valore. L’Olanda è particolarmente perversa in questo, visto che con le sue discutibili scelte depaupera i bilanci pubblici dei paesi ai quali poi fa la morale sulla politica fiscale. L’Europa non può cambiare questo stato di cose senza l’unanimità che ovviamente non troverà mai. A questo punto, forse, varrebbe la pena di chiarire che come gli aiuti pubblici non potranno andare ad aziende che distribuiscono dividenti, così gli aiuti europei non potranno andare a paesi che non restituiscono le tasse ai legittimi generatori di valore. Ma anche questo appare difficile. Forse l’ultima spiaggia sarà proprio una sotto-alleanza dei paesi che volevano gli eurobond e che potrebbero tentare di accordarsi per fare un contro dumping ai danni dell’Olanda. Ma anche questa non sarà una strada di pacifica evoluzione per l’Europa. I tempi non sono buonisti, a quanto pare. Benché di generosità proprio di questi tempi ci sarebbe bisogno.

È interessante notare che quelli che approfittano meglio delle furbizie dei paradisi fiscali anti-europei sono gli americani. Per saperne di più sulla sorda guerra fiscale dell’Olanda contro il resto d’Europa si può leggere uno studio recente di Tax Justice Network:
EU loses over $27 billion in corporate tax a year to UK, Switzerland, Luxembourg and Netherlands
The axis of tax avoidance. Time for the EU to close Europe’s tax havens

Meno male che i questi giorni gli innovatori europei hanno dato una grande prova di visione e collaborazione con la mega hackathon che si è appena conclusa: 22 mila partecipanti, 2 mila progetti proposti, 120 progetti selezionati per essere sviluppati per combattere il virus: EUvsVirus.

Ancora una volta: l’Europa la fanno le persone di buona volontà, che collaborano e sviluppano conoscenza. Gli stati difficilmente aiutano: a ben vedere il problema non è se la forma dello stato sia monarchica o repubblicana, il problema è proprio lo stato e la sua autoreferenzialità elettorale. Imho. Ma questa è un’altra storia.

Vedi:
Tasse a somma zero
Geopolitica di internet. Attacco alla rete. Se l’Europa ci fosse potrebbe difendere il network e sé stessa
Solo la generosità ci salverà

Photo by Arjan de Jong on Unsplash

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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