Il mestiere dei politici è governare o essere eletti? Se è governare e fare il bene dei cittadini, qualunque sia l’ideologia che li ha portati al potere, i politici al governo vorranno tener conto degli scenari che si stanno elaborando sull’economia dei prossimi anni.
Senza tante perifrasi, secondo molti osservatori, lo scenario 2020 non è buono. L’Economist, l’International trade center (Onu e Wto), Nouriel Rubini e altri parlano apertamente di una possibile recessione globale per il 2020. Gli scenari non sono previsioni ma racconti realistici di quello che potrebbe succedere, soprattutto se si continua a operare come ora. Vogliamo tenerne conto?
Di certo, il problema è che una lunga fase espansiva come quella che è seguita alla fine della recessione avviata dalla crisi del 2008, prima o poi finisce. Che la fine sia possibile per il 2020 è un’idea credibile per varie ragioni:
1. I grandi paesi hanno pompato molta moneta nel sistema, i timori di inflazione aumenteranno i tassi di interesse, spingendo gli investimenti a rallentare.
2. Anche perché le esportazioni non potranno continuare come prima a sostenere la domanda se le guerre commerciali continueranno come ora
3. La solidarietà internazionale non soccorrerà le economie deboli (se mai lo ha fatto) in un contesto caratterizzato dalla prevalenza di politiche nazionaliste
4. L’eccesso di mutui non è scomparso dal sistema bancario (Economist)
5. Banche e debiti pubblici sono ancora troppo connessi (Economist)
6. I corsi azionari americani sono molto elevati (Rubini)
7. Le politiche che sono state adottate per affrontare la crisi del 2008 non potranno essere facilmente ripetute (Rubini).
Gli scenari non sono previsioni, ma racconti ragionati. Sta di fatto che purtroppo prima o poi ci sarà un rallentamento per l’economia globale che è andata molto forte recentemente.
Gli italiani forse non se ne sono accorti, salvo quelli che lavorano per aziende che esportano. Ma il problema è che negli ultimi anni l’economia non è andata poi tanto male, proprio grazie alle esportazioni, cioè alla crescita degli altri paesi.
In Europa, la crisi è stata superata con una politica vantaggiosa per i paesi del Nord e durissima per i paesi del Sud. Grecia e Spagna hanno lasciato che il governo fosse eterodiretto in modo esplicito. Italia ha scelto una strada meno chiara ed esplicita, ma non è stata meno eterodiretta. Doveva aggiustare i conti e un po’ lo ha fatto. Ma la popolazione si è molto arrabbiata, anche per la mancanza di chiarezza. E ora il nuovo governo potrebbe puntare a una politica meno austera, proprio nel momento in cui la recessione si affaccia alle porte?
Non vado oltre, anche perché non sono un macroeconomista. Ma la domanda è, credo, legittima. Spero che le persone che sono al governo ci pensino, davvero.
Perché se le politiche cercano un consenso facile e non tengono conto del contesto, potrebbero anche generare l’effetto opposto: delusione e scontento.
Questo non significa che si debba rinunciare a cambiare lo stato delle cose. Anzi.
È tempo di utopia. L’utopia è un pensiero complesso, non banalizzante, orientato a leggere il possibile al di là delle apparenze. L’utopia non è un progetto irrealizzabile: se abbinata a un minimo di senso storico, l’utopia è un’energia culturale che può sostenere una profonda innovazione. Ce n’è bisogno.
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