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L’Europa delle città vista da Bruxelles

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Tornando da Bruxelles ci si domanda sempre che cosa si può fare per aiutare la dimensione europea a crescere nella consapevolezza e nell’apprezzamento dei cittadini del Vecchio Continente. I pregiudizi negativi sull’Europa della burocrazia non sono certo infondati ma quali ne sono le cause fondamentali? Molto si può dire di critico nei confronti della Commissione e della vita pacata e dorata che fanno coloro che ci lavorano: ma quella pacatezza che talvolta sconfina con la lentezza non è altro che il frutto di decenni di apprendimento della relazione pacifica tra culture politiche diverse. Non è certo un disvalore avere appreso a parlare in modo smussato per non ferire le sensibilità altrui. Casomai è un disvalore se questo diventa inerzia. Ma da che cosa dipende in fondo l’inerzia – supposta – dell’Europa oggi? Non dalla Commissione. Piuttosto dall’architettura emergente della governance europea che evidentemente sta lasciando troppo potere agli stati. E gli stati non hanno nessun interesse a cedere sovranità all’Europa. Sono governati da persone che rispondono solo alle loro popolazioni, non a quelle dell’Europa. Devono essere ben lungimiranti per costruire qualcosa di più grande di loro. E attualmente la lungimiranza è sottovalutata, dai governanti e dai loro elettori, sempre più nazionalisti e localisti. Una soluzione non è certo la moltiplicazione degli stati, con le regioni che cercano un’indipendenza e si propongono di diventare stati. Ci vuole meno nazionalismo e particolarismo e più collaborazione fattiva. Quale può essere la dimensione che può dare una spinta all’Europa in questo senso? Secondo me la dimensione della città. Questa è una dimensione democratica, ma concreta, fatta di vera vicinanza tra il governo e l’elettorato, con una vocazione connettiva più che divisiva: la città sa di prosperare se si connette, mentre lo stato può dimenticarlo. Quindi il lavoro da fare per un’eventuale associazione che voglia lavorare a favore del progetto europeo da modernizzare potrebbe pensare alla Commissione, al Parlamento e alla rete delle città, più che alla contrattazione tra gli stati. Tutto questo ovviamente è soltanto opinione di un incompetente.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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