Il nuovo libro di Ippolita, Anime Elettriche, è una bella lettura. Per i cultori di “digital humanities” è una sfida a proseguire nella ricerca di una dimensione ulteriore, successiva ovviamente alla vecchia distinzione tra le dimensioni umanistica e scientifica, ma anche successiva alla loro collaborazione cosiddetta interdisciplinare. Qui si tratta proprio di una disciplina simbiotica e complementare. Basta leggere questo passo per rendersi conto delle conseguenze:
“Indagheremo le tecniche con cui i social network commerciali ricostruiscono l’unità somato-psichica dell’individuo a partire da una copia estrapolata dai dati che ogni giorno riversiamo sulle piattaforme di condivisione confessionali. Vedremo come e perché siamo portati spontaneamente a creare un doppio, simulacro di sintesi e alter ego, nel quale specchiarci come in una versione ben riuscita di noi stessi. Ma il gemello digitale ci supera, sfugge alle nostre velleità di controllo emotivo e narrativo. La sua genesi infatti non è autonoma: lo creiamo sulla base dell’ideologia inscritta nell’ergonomia del servizio, ovvero seguendo le regole implicite secondo cui è stata progettata idealmente l’interazione umano-macchina.”
Vedi le importanti recensioni di Francesco Monico su Nòva100 e Marco Dotti su Vita.
“ideologia”? Addirittura “religione”, direi, forse ancor più forte.
È per questo che componendo il nostro Stakhanov, un BigData God, siamo partiti da una cosmologia.
La trovi in fondo a questo articolo:
http://www.artisopensource.net/2015/02/07/stakhanov-a-bigdata-god-predicts-human-futures/
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