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Ripensandoci. La timeline algoritmica di Twitter cambia significato alla piattaforma. Avrà successo?

Non ne avevo parlato perché ne avevano già parlato in tanti. La decisione di Twitter che cambia la sua timeline per introdurre una vista algoritmica al posto dell’attuale ordine cronologico inverso ha spinto in molti a reagire. Ora sono venute fuori un po’ di informazioni meno imprecise o almeno presentate non come “voci” ma come fatti. E quindi può avere senso proporre un commento.

Ebbene, la notizia è che Twitter presenterà i tweet secondo un ordine personalizzato per ogni utente in base a un algoritmo che dovrebbe scegliere quello che l’utente stesso è più interessato a trovare. La nuova versione sarà il default ma ci sarà un opt-out (TheVerge).

Ecco alcune domande e risposte, secondo me.

1. Quali sono le conseguenze di questo cambiamento?
Cambia il senso di Twitter. La piattaforma aveva assunto una funzione da “notiziario”, una sorta di agenzia generata dagli utenti. Ovviamente, era un notiziario personalizzato dalla scelta che ciascuno poteva fare su quali altri utenti seguire. Ma all’interno di quella scelta Twitter presentava le informazioni in modo “oggettivante”. Le probabilità di ricevere le notizie molto popolari o allarmanti o importantissime erano aumentate dalla pratica dei retweet che ovviamente funzionavano da amplificatore proprio delle notizie che in moltissimi volevano conoscere. Le probabilità aumentavano un po’ con il numero di utenti che ciascuno seguiva ma con questo aumentava anche il rumore e l’information overload. Quindi ciascuno arrivava al suo equilibrio, in base ai suoi obiettivi e tenendo conto delle variabili che conosceva e teneva sotto controllo. Il passaggio all’algoritmo trasforma Twitter in una macchina filtrante che impara dal comportamento delle persone qualunque sia il numero di utenti che seguono, ma imponendo una lettura non necessariamente in ordine cronologico inverso: dunque non più “oggettivante”.

2. Aumenterà il numero di utenti?
L’apparente oggettività del risultato della versione tradizionale di Twitter, che lo faceva apparire come un notiziario, seppure personalizzato, generava un sistema incentivante che favoriva i grandi fornitori di informazioni, i più autorevoli commentatori, le persone che sono fonte di notizie in sé. Aumentava gli incentivi al free riding (chi legge senza contribuire). Manteneva Twitter in una dimensione di grande minoranza, rispetto a Facebook. Facebook in effetti non è mai stata “oggettiva” perché nasceva dalla metafora degli “amici” e per apparire come un notiziario doveva sforzarsi di organizzare soluzioni tali da coinvolgere i grandi fornitori di notizie a partecipare in modalità “pagina”: ma il suo traffico era immensamente più grande di quello di Twitter proprio perché le comunicazioni tra amici sono immensamente più grandi di quelle che riguardano le poche cose importanti per tante persone. Facebook però con tutto il suo traffico può attirare le fonti di notizie. Twitter difficilmente diventa il luogo di incontro degli amici, perché c’è già Facebook, Whatsapp, Instagram… Twitter non diventa probabilmente Facebook perché gli amici sono comunque su Facebook, nello stesso tempo perde la sua specificità: può darsi che aumenti il traffico, ma difficilmente raggiunge Facebook. A meno che non ci siano altre novità. E nello stesso tempo le grandi fonti di notizie che erano abituate a essere seguite da molti utenti di Twitter potrebbero perdere incentivo, visto che non sanno quanti davvero vedono i loro tweet nel nuovo contesto nel quale è l’algoritmo a decidere.

3. Perché Twitter rischia questo cambiamento?
Evidentemente, la crescita di Twitter in traffico e utenti era arrivata a un limite. Le novità modaiole come la diretta video non erano andate molto avanti e Facebook ne ha comunque attivato una sua versione. Se la risposta fosse “qualcosa dobbiamo pur fare”, sarebbe destinata all’insuccesso. Jack Dorsey non sembra un tipo superficiale. Forse pensa che emerga qualcosa di nuovo: un nuovo sistema di nodi di smistamento delle informazioni basate sull’informazione in tempo reale sui temi che davvero interessano. Forse per dare un giudizio bisognerebbe proprio vedere dentro l’algoritmo che Twitter ha preparato. Da bambino, Dorsey era affascinato dai micromessaggi del pronto intervento della sua città, che aveva imparato a hackerare e ascoltare di nascosto. Un notiziario, in fondo, adatto alle sue curiosità, ma “oggettivante” in un certo senso. Se Dorsey è convinto che l’algoritmo sia intelligente è perché pensa che non distrugga il senso di notiziario di Twitter. Ma allora l’ordine cronologico inverso e l’immediatezza ne deve comunque continuare a far parte, almeno per le notizie principali.

Cambiare schema poteva essere interessante per aumentare l’ingaggio della parte di utenti di Twitter troppo passivi? Sarà questo il modo per ottenere il risultato? Ovviamente non possiamo che stare a vedere. Alla fine, questo post dice che solo una risposta di merito sulle qualità dell’algoritmo potrà dare una visione dell’effetto che farà il cambiamento. L’ipotesi che Dorsey si stia sbagliando è realistica: ma prima di dichiarare che è così, sarà bene vedere l’algoritmo all’opera. Imho.

ps. E se poi non piace si fa opt-out: sapendo che così facendo si voterà contro il cambiamento. Alimentandone il fallimento. Perché la storia insegna una cosa: la visione prevalente tra gli utenti, su Twitter, ha sempre prevalso sulla visione dei costruttori di Twitter. Una volta che la gente avrà visto l’algoritmo all’opera, voterà. E questo sarà il banco di prova definitivo.

Vedi:

Here’s What’s Wrong With Algorithmic Filtering on Twitter

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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