Il tema del cambiamento climatico ha superato da tempo la fase della discussione basata sulla finzione (da ricordare – per evitarle in futuro – le polemiche interessate degli scienziati scettici e manipolazione di dati per alimentare l’attenzione della pubblica opinione da parte degli scienziati preoccupati) e ha cominciato a concentrarsi su fatti che raccolgono largo consenso tra i ricercatori. Per quanto sia enormemente difficile prevedere il clima, le tendenze di lungo termine sembrano emergere dal caos. E i cambiamenti del clima, la responsabilità umana, le possibili forme di intervento sono diventati oggetti pragmatici di un’azione da progettare con efficacia. Ma funziona meglio un sistema decisionale decentrato o accentrato su una materia come questa? È la domanda che sottende il contributo in materia di Atlantic Future. È un problema classico di gestione dei beni comuni, ma con una dimensione eccezionale.
“Within the fragmented landscape of adaptation governance, transnational regional cooperation may be able to more efficiently connect actors and channel resources, particularly in the private sector from which funding is especially desired, that centralised efforts cannot. The examples examined herein exhibited diverse multistakeholder engagement and support. Regional or sub-nationally-focused institutions may also be able to better avoid some of the politicisation, inefficiencies, and collective action problems witnessed at the global level. A prevalence of regional institutions does pose a risk of diminishing funding and commitments to global frameworks, though we did not see evidence of duplication or that funds were not additional. Still, the implementation of large-scale adaptation measures, beyond capacity and knowledge building activities, is needed, and will require consistent and long-term funding from global financial institutions. For this to happen, a level of centralisation of governance structures may be needed. (pdf della ricerca)”
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