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Asimmetrie internettiane in contesti di crisi, repressione, liberazione

Appunti di background, in riferimento alle discussioni sulla costituzione per internet che domani si terranno alla Camera.

Il sistema mediatico tradizionale strutturato in base al broadcast era caratterizzato da un’asimmetria fondamentalmente coincidente con l’asimmetria nella distribuzione del potere e della ricchezza. Una gerarchia piuttosto stabile nel sistema economico e politico correva parallelamente a una gerarchia piuttosto stabile nei media che governavano l’informazione e la notorietà. Con la crescita della complessità della società, il potere politico si è trovato a dipendere in modo crescente dal potere dei media tradizionali.

Il sistema mediatico strutturato in base a internet modifica profondamente la logica delle asimmetrie, tendendo a farle coincidere non con l’ordine gerarchico tradizionale ma con la complessità contemporanea dell’ecosistema economico, politico, sociale, culturale. Le gerarchie non vengono certo abolite, anzi giganteggiano, ma non sono date, piuttosto emergono in un’ebollizione continua di coevoluzioni. Il flusso di informazioni in rete è un enorme insieme di fenomeni contraddittori: un’infinita serie di conflitti per la conquista di ogni possibile nicchia di sviluppo si accompagna a una fantastica varietà di operazioni simbiotiche generative. La competizione si accompagna alla cooperazione, la shark economy convive con la sharing economy.

Occorre un nuovo pensiero sull’equilibrio dei poteri nel mondo di internet?

In contesti di crisi la nuova struttura appare in grado di sorpassare le forme censorie tradizionali in modo inarrestabile. I casi sono innumerevoli, sia in paesi autoritari che in paesi democratici. Ovviamente, una rivolta che riesca a superare i limiti posti dalla censura non diventa una vera rivoluzione se non si accompagna con una elaborazione intellettuale profonda e vasta nella visione di ciò che si vuole distruggere e di ciò che si vuole costruire. Ma, tanto per fare un esempio, il blog di Patrick Meier offre una messe di esempi di momenti storici nei quali la struttura mediatica internettiana ha reso possibile l’impossibile. E ovviamente è imprescindibile per la discussione intorno a questi aspetti il blog di Ethan Zuckerman. Quando le crisi sono gigantesche, come nel caso di un disastro naturale, la quantità di persone che offrono spontaneamente informazioni è troppo grande per poter essere controllata. E anche in un paese come l’Inghilterra, nel caso dell’attacco terroristico del 2005, la versione ufficiale sostenuta dalle autorità nelle prime due ore è stata spazzata via da migliaia di foto, video, resoconti spontanei delle persone che vedevano quello che stava succedendo in prima persona. La disponibilità a costo relativamente basso di telefonini, droni, sensori, connessi a internet rende praticamente impossibile bloccare il flusso di informazione che emerge dalla rete nei casi di crisi, anche se i regimi imparano a disturbare la rete in modo sempre più sofisticato.

Insomma, una sorta di asimmetria a favore delle grandi quantità di persone connesse in caso di crisi è una novità rispetto all’antico regime mediatico. Ma occorre una crisi oggettiva che spinge la maggior parte delle persone a intervenire informando in modo oggettivo. In modo tale da ottenere una concentrazione di consenso imbattibile.

Quando invece una crisi è generata da un gruppo di persone con un’agenda la situazione è diversa. Una serie di rivolte può prendere di sorpresa i regimi. Ma i sistemi di controllo dei poteri tecnocratici tendono ad adattarsi e a crescere in modo almeno altrettanto veloce dei sistemi degli oppositori. In primo luogo, per le stesse dinamiche della competizione per le nicchie di attenzione intrinsecamente connesse alla logica della rete, qualunque agenda trova il suo sistema di troll che ne erode la credibilità. In secondo luogo, i regimi imparano a costruire lentamente ma inesorabilmente una fitta maglia di punti di osservazione che avviluppa gli oppositori e li mette in difficoltà, come si vede in Cina, in Iran, nell’occidente spiato dagli Usa e in molti altri luoghi. L’asimmetria che emerge col tempo nei regimi che conoscono la rete e sanno come sviluppare la maglia dei controlli capillari è peraltro difficile da smontare. E si accompagna alla potenza sempre più svincolata dai limiti nazionali delle grandi piattaforme private che governano la grande parte delle comunicazioni attuali su internet. La rivolta può funzionare ma la rivoluzione ha bisogno di molta elaborazione in più per trasformarsi in un’innovazione di regime sostenibile. Probabilmente non ci si dovrebbe aspettare una rivoluzione se non si vede uno sviluppo culturale diffuso e profondo nella popolazione interessata.

L’elaborazione illuminista, nel XVIII secolo, ha preceduto e conferito una forza straordinaria alla Rivoluzione Francese. Oggi esiste un’elaborazione metodologica sulla democrazia del XXI secolo messa in questione dall’emergere delle tecnocrazie pubbliche e private, dall’inquinamento informativo diffuso dalla disinformazione e dal trollismo, dalla tecnica dell’emotività mediatica che non è difficile da imparare e continua a raggiungere i suoi effetti contraddittori dovunque. Ma questa elaborazione metodologica può accelerare se si incarna in piattaforme che sviluppano l’abitudine a riconoscere il valore delle forme di informazione e discussione rispettose delle relazioni civiche: una forma di cooperazione emergente che appare più vicina all’evoluzione simbiotica che all’evoluzione conflittuale. La non violenza è una rivoluzione culturale profonda, pragmatica: le piattaforme di collaborazione civica ne possono essere uno strumento. E trasformare radicalmente anche l’immagine di rivoluzione: non necessariamente più un cambiamento distruttivo, ma piuttosto un passaggio a una nuova forma di costruttività critica e innovativa che travolge i privilegi e riqualifica la ricerca culturale: la nuova epoca della conoscenza ha bisogno anche di una “rivoluzione della conoscenza”.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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