Martin Hilbert di Annenberg ha calcolato quanta informazione viene registrata in formato digitale e quanta in analogico. Il suo studio offre un’immagine palpabile della trasformazione avvenuta nel corso dei primi dieci anni del nuovo millennio. Nel 2000 il 75% dell’informazione era immagazzinata in formato analogico. Nel 2013 questa percentuale è crollata al 2%. (È citato da Viktor Mayer-Schönberger e Kenneth Cukier in Big Data, libro di imminente pubblicazione per Garzanti).
Dal punto di vista economico, peraltro, la quota di fatturato delle informazioni vendute in modo analogico è ancora superiore alla quota di fatturato delle informazioni in digitale secondo l’Economist (i dati di base non sono gli stessi ma l’idea di fondo è abbastanza chiara).
Ritengo che le ragioni di questo divario siano da trovare principalmente nella inadeguatezza degli OS e piattaforme attuali che non permettono livelli di protezione della sicurezza e privacy per i cittadini e per i detentori dei diritti siano comparabili a quelli dell’era analogica. A cio’ aggiungerei la egemonizzazione delle piattaforme di fruizione mediale via internet che porta detentori di diritti a esitare fortemente ad offrire loro beni via Internet per non consolidare ulteriormente tale egemonia globale, e quindi il loro potere negoziale nella divisione dei profitti generati dalla fruizione.
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