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Le Monde sul presunto declino dei blog. Ma il fenomeno è un altro

Olivier Zilbertin, su Le Monde, parla degli studi che si occupano del presunto declino dei blog. Si dovrebbe parlare piuttosto di uno spostamento di significato dei blog. Ma vediamo di che si tratta.

Zilbertin ricorda come fin dal 2008 si parli di un declino dei blog a fronte dell’aumento dei social network (Roumi). E che oggi i blog più seguiti sono raramente personali, sono diventati piccoli o grandi giornali (cita eBuzzing per la Francia, ma BlogBabel in Italia sostanzialmente conferma, anche se Manteblog e altri resistono nelle prime posizioni).

Non si può negare che nel periodo 2008-2012 ci sia stato un enorme aumento del traffico sui social network e le piattaforme dedicate alla condivisione di foto, video, notizie, link e altro. Il fenomeno dei blog nei primi anni del millennio in effetti era stato legato alla pratica dei blogger di linkarsi tra loro. Questo aveva trasformato l’insieme dei blog nella blogosfera, un medium collettivo il cui peso nella mediasfera era molto più grande della somma delle sue parti. Era una grande rete, non una collezione di piccoli giornalini personali. I blog avevano superato i siti proprio per la facilità con la quale consentivano di pubblicare e connettere le informazioni. Ma il sistema delle piattaforme, a sua volta tanto più facile da usare, ha reso ai blog un analogo servizio: sicché moltissimi hanno cominciato a condividere informazioni e link su Facebook, Twitter e altro, attraendo una quantità di traffico e attenzione che ha finito per conquistare gran parte delle attività di condivisione. I blog in questo senso si sono trovati un po’ spiazzati: i link tra loro e le citazioni ai loro post sono andate sui social network perché erano più facili, trovavano più feedback e avevano più traffico. Sicché capita che anche i blogger si citino tra loro via Twitter più che direttamente via blog.

Questo spiega, forse, la trasformazione del loro significato. Thierry Crouzet, citato da Zilbertin, osserva che nelle pratiche dei blogger c’è stata una sorta di mutazione. Sono diventati autori. Hanno adottato pratiche più orientate alla trasmissione che alla collaborazione: meno propensione alla condivisione, alla trasparenza e all’indipendenza di quanta in generale ne predichino.

Sono diventati autori. Già. E se collaborano, come si diceva, lo fanno usando piattaforme proprietarie dotate di larga base di utenti.

Il fatto che ci sia questo spostamento di una parte tanto significativa dell’attività del pubblico attivo sulle piattaforme proprietarie non è senza effetto. I sistemi incentivanti impliciti nelle piattaforme non sono sempre orientati a sostenere la collaborazione. In qualche caso possono apparire orientati piuttosto al consumo di tempo e informazioni sulle piattaforme stesse.

Benoît Raphaël aggiunge in effetti qualcosa di più. Cita GlobalWebIndex per leggere uno spostamento più generale dell’asse delle attività su internet. Il rapporto è a pagamento, Raphaël ne cita qualche parte, e sul grafico disponibile gratuitamente si vede che gli internettiani passano online ormai una buona metà del loro tempo mediatico e dedicano ai blog un terzo del tempo che dedicano ai social network. L’uso in mobilità cresce. E persino i contributi a Facebook sono in diminuzione. Lo studio, dice Raphaël, mostra che gli utenti di internet diventano progressivamente più passivi: scrivono meno, meno produzione originale, tendono a consumare preferibilmente i prodotti dei media professionali nella versione online, spesso si limitano alla curation dei contenuti che preferiscono seguire.

Anche questa tendenza va chiarita. Più aumentano gli utenti della rete – e più aumentano gli utenti in mobilità – meno sono elevate le percentuali degli utenti particolarmente attivi. E’ logico. Il traffico, l’attenzione, la notorietà, la reputazione tentono a concentrarsi: è una delle classiche tendenze della rete. I free riders sono sempre di più di coloro che contribuiscono, del resto, fino a che le regole sono totalmente aperte. Lo si vede dai tempi di Gnutella (vedi lo studio classico di Eytan Adar e Bernardo Huberman, e la situazione non è cambiata neppure su Twitter.

Alla fine, però, lo stesso Raphaël osserva che la quantità di informazione scambiata in rete non diminuisce. Probabilmente, gli utenti attivi diminuiscono in percentuale ma aumentano e aumenta ciò che producono in assoluto. Diminuisce la percentuale di tempo dedicata all’attività e alla contribuzione ma non il tempo assoluto impiegato in questo. La consumerizzazione della rete non è dunque un blocco della produzione. Ma l’aggiunta di tempo conquistato ai mezzi di comunicazione tradizionali.

6 Commenti

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  • In realtà i blog sono destinati a rafforzarsi, con la proliferazione dei social network si ha sempre più bisogno di una casa propria in rete.

  • Io sintetizzerei in questo modo:

    1) i social network hanno sottratto spazio alla blogosfera. E’ indubbio. Le conversazioni “mordi e fuggi”, il chiacchiericcio, il rumore, hanno preso il posto delle conversazioni vere che si facevano una volta nella blogosfera.

    2) Nel 2014 ci sarà il sorpasso. Le connessioni mobili supereranno quelle fisse. Leggere un blog, composto magari da articoli lunghissimi, non è molto agevole da uno smartphone. Figuriamoci poi commentare. Molto più facile mettere un “mi piace” o leggere un tweet. Le comunicazioni online saranno quindi sempre più superficiali.

    Questo nel mondo in generale. In Italia aggiungerei però un’aggravante terribile: il degrado culturale sviluppato sapientemente e da decenni, da governanti il cui unico scopo è quello di produrre ignoranza, per creare generazioni di schiavi. Le persone ormai non leggono più gli articoli (blog), leggono i titoli (Twitter). Complici di questo degrado culturale sono gli insegnanti e i giornalisti. In realtà però, stiamo parlando di un complesso sistema malato. Non dimentichiamoci il digital divide, che ha creato un gap incredibile tra le masse e le enormi opportunità offerte dalla Rete. Questo paese ha accumulato almeno 10 anni di ritardo rispetto al resto del mondo. L’accesso in mobilità ora non ci aiuta. Il discorso il Italia è lungo e complesso…

Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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