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Common ground

E dunque Richard Sennett ha suggerito il titolo della Biennale Architettura 2012, diretta da David Chipperfield: Common ground.

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Una settimana fa su Nòva era uscito questo pezzo, collegato:

Individui il cui corpo e la cui mente si estendono grazie alle protesi elettroniche che li connettono. Spazi collettivi che assumono funzioni attive, capaci di interagire con l’ambiente e la società. Immagini di architetture che si confrontano con i temi delle città intelligenti, con l’innovazione nelle reti logistiche e informative abilitate dalla sensoristica, con i movimenti culturali e cognitivi che definiscono la grande trasformazione attuale.

Ne scrive nel suo libro intitolato “Paesaggi sensibili” (Duepunti Edizioni, 2012) Maria Luisa Palumbo, architetto e senior fellow del McLuhan Program in Culture and Technology all’Università di Toronto, con la consapevolezza di chi conosce la ricerca storica di Fernand Braudel e dunque confronta l’innovazione con la lunga durata, la geografia, la vita materiale quotidiana.
Il contributo progettuale di Palumbo per la sezione dedicata alle nuove tecnologie del Padiglione Italia alla Biennale di Architettura è una tappa da non perdere per chi passa da Venezia in questi giorni.

L’architettura, in effetti, è al centro di cambiamenti epocali. I palazzi sono macchine. Non sono più i tradizionali rifugi che servivano a riparare gli esseri umani dalle bizzarrie della natura, fatti di materiali “morti” come scrive Rachel Armstrong in “Living Architecture” prima di presentare le ultime frontiere dell’edilizia basata su protocellule e altri materiali attivi. Sensori e connessioni digitali portano in effetti archiettura e urbanistica a stretto contatto con l’innovazione radicale che coinvolge l’insieme della società.

La ricerca che si presenta alla Biennale di quest’anno merita il titolo perfetto scelto dal curatore David Chipperfield – “Common ground” – perché riguarda la prospettiva fondamentale della specie umana nella sua relazione con il territorio che ha costruito, con la natura che ha domato e con il futuro che è chiamata a definire.

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Luca De Biase

Knowledge and happiness economy Media and information ecology

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